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Incontro con Vittorio Storaro: “Se io spengo le luci il film non c’è più”

“Il cinema è un linguaggio di immagini e le immagini hanno bisogno di essere illuminate per essere viste e ammirate. Se io spengo le luci il film non c’è più”

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Mercoledì 26 luglio si è svolta la cerimonia di consegna del Premio Fiesole ai Maestri del Cinema. Quest’anno l’ambito riconoscimento, istituito dal Comune di Fiesole nel lontano 1966 e conferito a partire dal 2000 dal Gruppo toscano del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, è stato assegnato a Vittorio Storaro, il celebre cinematographer romano vincitore di tre premi Oscar. È la terza volta, dopo i riconoscimenti assegnati negli ultimi anni a Toni Servillo e Stefania Sandrelli, che il Premio Fiesole ai Maestri del Cinema non viene dato a un regista. Un segnale importante da parte del Sncci, che sta tentando di allargare e estendere il proprio sguardo a personalità importanti della Settima Arte, che non risiedano solo e esclusivamente dietro la macchina da presa. Nel corso dell’incontro col pubblico l’artista romano, collaboratore abituale di Bernardo Bertolucci, ha ricordato che porta avanti la sua personale battaglia per vedersi riconosciuto il ruolo di autore della fotografia, piuttosto che l’errata dicitura di direttore, fin dal 1980.

Sul set il direttore è uno solo, il regista, non ci sono altri direttori. Da un certo punto di vista la critica ha sempre pensato che la mia posizione sul “direttore della fotografia” era arrogante e presuntuosa.  Invece è esattamente il contrario: l’unico direttore durante le riprese è il regista. Io sono l’’autore della fotografia, il cinematographer. Ringrazio di cuore il Sncci per questo premio che riconosce finalmente il mio lavoro e mi promuove a maestro, ad autore, lo considero un grosso passo in avanti. Il mio ruolo nel cinema e quello dei mie colleghi è la gestione del linguaggio della luce, ed ha la stessa potenza delle parole in un romanzo e delle note in uno spartito musicale. Il cinema è un linguaggio di immagini e le immagini hanno bisogno di essere illuminate per essere viste e ammirate. Se io spengo le luci il film non c’è più. Sono stato giurato nei principali festival internazionali (nel 2005 è stato presidente della giuria al Festival Internazionale del Film di Locarno) dove paradossalmente manca quasi sempre un riconoscimento per la fotografia. È assurdo, senza le nostre immagini i festival neanche esisterebbero. 

Romano, classe 1940, figlio di un proiezionista della Lux Film, Storaro ha iniziato da giovanissimo a lavorare in uno studio fotografico per poi dedicarsi allo studio della cinematografia, specializzandosi al Centro Sperimentale di Roma. Tra i suoi primi film di successo ricordiamo L’uccello dalle piume di cristallo, esordio alla regia di Dario Argento, coetaneo e concittadino di Vittorio e insignito del Premio Fiesole ai Maestri del Cinema appena due anni fa. Oltre ad aver illuminato quasi tutti i film di Bernardo Bertolucci (con L’ultimo imperatore ha vinto il suo terzo Oscar) ha collaborato con Francis Ford Coppola (Apocalypse Now con cui vinse il primo Oscar, Un sogno lungo un giorno, New York Stories, Tucker), Warren Beatty  (Reds che gli ha fruttato il secondo Oscar e Dick Tracy) e Woody Allen con cui – dopo Café Society – ha da poco finito di girare Wonder Whell e pare che all’orizzonte vi sia un terzo lungometraggio.

Per l’illuminazione di Un sogno lungo un giorno mi sono ispirato a Las Vegas, una città nel mezzo del deserto che si accende e si irradia di notte per darci la stessa energia del sole, per spingerci a giocare, a non andare a letto.

Storaro ha poi accennato alcune parole sul nuovo progetto d’illuminazione del Battistero di Firenze. Stiamo lavorando per illuminare l’interno del battistero con un’interpretazione che non si può spiegare ora. Sarà un lavoro che porteremo a termine solo quando sarà finito il restauro. Fu proprio Lucchesi, l’allora presidente dell’Opera, a chiamarmi. Ora stiamo andando avanti. Non è la prima volta che il grande cinematographer romano si occupa di progetti extra cinematografici: due anni fa, per volere dell’ex sindaco Marino che ringrazio ancora per questa bella opportunità, insieme a mia figlia Francesca che fa l’architetto ho curato l’illuminazione dei Fori Imperiali (il Foro di Nerva, il Foro di Augusto e il Foro di Traiano) utilizzando la luce al led. Nella conferenza stampa che ha anticipato l’incontro col pubblico Storaro ha raccontato un aneddoto che probabilmente conoscono in pochi: ho rifiutato di collaborare con Quentin Tarantino per  Kill Bill a causa di divergenze artistiche sul formato video. A ulteriore riprova, se ve ne fosse ancora bisogno, della grande personalità di uno dei più grandi autori della fotografia che la Settima Arte abbia mai avuto.

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