Qui una volta sola. O per sempre. Una solitudine numerosa. Abitando per empatia immediata la situazione che ci si trova davanti, scivolando dall’alto di una terra che non ci sostiene più, fare del corpo il genius loci capace di trasformare ogni spazio da ostile a partecipe empatico del nostro presente
Non ci si trova, non ci si ritrova, se non smarriti e sospesi. All’erta, pronti a scattare, il pericolo è fuori campo e non ha segnali. Andare incontro alla luce per esporsi a maggiori rischi. Inquieto tremore d’affrontare l’orizzonte restando a occhi spalancati. Presupporre o presagire l’abisso. Stato ulteriore di non aderenza al tempo presente.
Il corpo umano come baluardo e strumento primo di perlustrazione e decodifica del mondo.
È misteriosa la schiuma dei nostri giorni. Il controcampo dell’orizzonte è sempre impossibile. Un sogno ad occhi aperti in cui spazio, tempo e azione perdono le loro coordinate di riferimento e si giovano di tutti gli ostacoli alla narrazione che i sensi possono regalarsi. Perlustrare i sensi, scavare la superficie, rovinare la bellezza, esaltarla per manomissione dei linguaggi.