Con Si mangia! Il cibo al cinema, MUBI inaugura una rassegna che trasforma lo schermo in una tavola imbandita. Un viaggio sensoriale e cinefilo che attraversa cucine frenetiche, rituali domestici, desideri repressi e rivelazioni che passano tutte da un piatto condiviso.
Il comunicato stampa della piattaforma è chiaro: qui il cibo non è semplice oggetto di scena, ma una chiave narrativa che unisce, tradisce, consola e affama. Una lente per osservare personaggi e mondi, un gesto che diventa immagine.
La selezione, varia e sorprendente, abbraccia decenni e linguaggi, muovendosi dal grottesco alla poesia, dalla distopia alla sensualità più esplicita. Sono film che cucinano emozioni davanti ai nostri occhi, orchestrando sfrigolii, tagli, bollori e silenzi, e che usano il pasto come detonatore di storie.
La Cocina (Alonso Ruizpalacios, 2024)
Il cibo come rivelazione narrativa
Stoviglie che prendono vita, pentole che ribollono come se fossero il cuore stesso dei personaggi. Registi e registe esplorano il lato meditativo della preparazione dei piatti, oppure la frenesia delle cucine professionali dove il cameratismo si costruisce tra vapori, urgenze e coltelli che non possono fermarsi.
La tavola diventa un terreno di osservazione privilegiato. Un luogo dove famiglie e amici si ritrovano attorno a piatti umili, preparati con un amore che si esprime senza bisogno di parole. Persino le ricette più semplici si trasformano in dichiarazioni affettive. All’opposto, nei contesti più sofisticati, il cibo si fa spettacolo, promessa di ricchezza o sguardo indiscreto su un desiderio di affermazione sociale.
Che si tratti di banchetti opulenti, invenzioni stravaganti o pietanze essenziali, i film selezionati mostrano personaggi per cui il pasto diventa atto identitario.
I film della rassegna
La selezione MUBI si compone di titoli iconici e novità capaci di dialogare tra loro attraverso motivi gastronomici e ossessioni visive. In programma: Ramen Shop di Eric Khoo (2018), Delicatessen di Jean-Pierre Jeunet & Marc Caro (1991), Sexual Drive di Kota Yoshida (2021), Flux Gourmet di Peter Strickland (2022), Majonëze di Giulia Grandinetti (2024), Il fascino discreto della borghesia di Luis Buñuel (1972) e Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson (2018).
Delicatessen (Caro e Jeunet, 1991)
Completano la ricchissima rassegna Tavern Man (Aki Kaurismäki), Aragoste a Manhattan (Alonso Ruizpalacios), La vita è un raccolto (Agnès Varda) e First Cow (Kelly Reichardt).
Ognuno di questi film declina il cibo in una forma diversa. Nel cult distopico Delicatessen, la fame diventa metafora sociale. Ramen Shop unisce memorie familiari e ricerca identitaria attraverso una ciotola di noodles. Il filo nascosto sublima il rituale del pasto in un esercizio di potere e controllo. Le provocazioni di Sexual Drive, Flux Gourmet e Majonëze toccano invece la materia del desiderio, del corpo, del tabù.
E poi c’è il genio intramontabile di Buñuel, che con Il fascino discreto della borghesia rovescia il senso stesso della convivialità trasformandola in un cortocircuito surreale, feroce e attualissimo.
Una rassegna da assaporare
La rassegna Si mangia! mette in scena un cinema che si fa tavola, dove piatti e storie si mescolano in una combinazione che non lascia mai a digiuno. Dal comfort food alle invenzioni più eccentriche, questi film non si limitano a far venire l’acquolina: interrogano il nostro rapporto con ciò che desideriamo, ciò che condividiamo, ciò che siamo quando ci sediamo a mangiare. Un invito, dunque, a guardare il cibo non solo come gusto, ma come gesto. Non solo come necessità, ma come rivelazione.