Un’adolescente che si innamora della sua insegnante di francese. Incapace di esprimere apertamente i suoi sentimenti, scrive un diario in cui mescola emozioni reali, desideri e fantasie. Quando il diario viene scoperto dalla madre e dalla nonna, emergono conflitti generazionali e riflessioni sull’amore.
Con Dreams (Drømmer, 2024), Dag JohanHaugerud firma uno dei film europei più sorprendenti degli ultimi anni, capace di unire delicatezza e audacia, introspezione psicologica e lucidità sociale. Il regista norvegese è già noto per il suo sguardo attento alle dinamiche familiari e alla fragilità emotiva e con questo film supera se stesso.
Il film, da poco su MUBI, costruisce una storia che parla di desiderio, di identità e di quelle zone grigie in cui realtà e immaginazione si confondono fino a diventare indistinguibili.
La protagonista è Johanne, un’adolescente che vive con la madre e la nonna. Un giorno siinnamoradella sua insegnante di francese. Un amore impossibile, complicato, forse mai dichiarato, che prende forma principalmente attraverso le parole: Johanneinizia infatti a scrivere un diario in cui descrive i suoi pensieri, le sue fantasie e tutto ciò che non può essere detto ad alta voce.
L’innamoramento, più che un fatto, diventa un linguaggio, un universo privato dove sogni, desideri e ricordi si mescolano. Quando il diario viene scoperto dalla famiglia, la narrazione si apre anche a generazioni diverse di donne, ciascuna con il proprio rapporto con l’amore, la vergogna, la libertà e le convenzioni sociali.
Il film non racconta soltanto una relazione proibita. Parla della forma che prendono i sentimenti quando nessuno li riesce a contenere.
Dreams La regia sensibile di Haugerud
Haugerud è minimalista e contemplativa. Non cerca l’effetto, bensì l’autenticità dei dettagli. Una stanza immersa nella luce, la voce narrante che scivola lenta sulle immagini, il peso dei silenzi che dice più delle parole.
L’elemento centrale è l’ambiguità. Lo spettatore è costretto a chiedersi continuamente: sono ricordi o fantasie? la narrazione è verità o desiderio?
Non esiste una risposta netta, e questa scelta registica trasforma Dreams in un film profondamente soggettivo, dove l’esperienza emotiva conta più della ricostruzione dei fatti.
Identità, genere e narrazione del desiderio
Dreams affronta il tema dell’identità sessuale con una delicatezza rara. Non ci sono etichette o proclami, né un intento didattico. Vige la consapevolezza che il desiderio può esserefluido, non classificabile, e che spesso ciò che proviamo sfugge a ogni definizione.
Il film parla anche del peso del giudizio e della paura di essere “sbagliati”. Quando il diario viene scoperto, emergono le reazioni della madre e della nonna, che incarnano due epoche diverse. Il presente incerto e liberato, e il passato che ancora teme la trasgressione. Il confrontogenerazionale permette al film di ragionare in modo sottile sulla libertà femminile, sui ruoli interiorizzati e sul bisogno di trovare il proprio spazio nel mondo.
Dreams è inoltre un film sul potere delracconto. Tenere un diario è un gesto di resistenza, un modo per esistere attraverso le parole, trasformare emozioni in narrazione e, in fondo, rendere reale ciò che è soltanto immaginato.
Un cinema che resta
Il regista non cerca lo scandalo, ma l’empatia. Il ritmo lento, i toni caldi, la fotografia intima e le interpretazioni misurate creano un senso di vicinanza che rimane dentro lo spettatore. Non è un film che si “consuma”, ma un film che si sedimenta, che chiede di essere ricordato e rielaborato.
Chi ama il cinema che parla di relazioni, che lavora sulle parole non dette e sulle emozioni che non trovano spazio nella vita reale, troverà in Dreamsun’opera preziosa. È un film che non urla, ma lascia una traccia profonda. Una storia apparentemente semplice che diventa specchio di qualcosa di universale. Una visione fortemente consigliata a chi vuole scoprire unnuovo modo di raccontare l’amore e la complessità del crescere.