Dopo il “Grande e potente Oz” di Sam Raimi, ideale prequel della famigerata avventura della ragazzina dalle scarpette rosse, arriva sul grande schermo un lungometraggio animato che invece è il sequel della vicenda
Pubblicato nel 1900 dallo scrittore L. Frank Baum, Il magico mondo di Ozha piùvolte ispirato la settima arte: la trasposizione più famosa del romanzo è ovviamente quella del 1939 che vedeva come protagonista una splendida Judy Garland e alla regia Victor Fleming. Dopo il Grande e potente Oz di Sam Raimi, ideale prequel della famigerata avventura della ragazzina dalle scarpette rosse e dei suoi amici lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta e il Leone, arriva sul grande schermo un lungometraggio animato che invece è il sequel della vicenda scritto in origine dal nipote di L. Frank Baum, Roger Stanton Baum, Dorothy di Oz.
Tornata sana e salva nella fattoria degli zii Dorothy fa appena in tempo a rendersi conto che il tornado non ha causato vittime che un losco tipo bussa alla sua porta e dichiara la casa inagibile e intima la piccola protagonista e la sua famiglia a lasciarla. Mentre la fanciulla tenta di ribellarsi alla situazione, un arcobaleno la rapisce e la riporta in quel della Città di Smeraldo dove un giullare malvagio si è impossessato del bastone magico della terribile Strega dell’Ovest, e Dorothy sembra essere l’unica in grado di salvare il Mondo di Oz.
Diversi i personaggi, più consapevole la protagonista che ha appeso al chiodo le sue scarpette rosse per indossare degli stivali, e diversi i suoi compagni di avventura, anche se c’è una vecchia conoscenza, la Principessa di Porcellana, che in questa versione della storia risulta inutilmente capricciosa.
Il Magico Mondo di Ozè un film zuccheroso, nelle ambientazioni e nelle canzoni troppo seriose e malinconiche che fanno rimpiangere quel capolavoro di Over The Rainbow a ogni nota cantata dalla amatissima star delle ragazzine, Violetta, dove un buon villain non riesce a migliorare una narrazione che in ogni momento sembra essere la brutta copia dell’originale, in un racconto in cui è sempre quell’idea di amicizia che va oltre le diversità e oltre il tempo ad essere centrale e, stavolta, trattata in maniera davvero troppo banale.