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‘Nobody wants this 2’ . L’amore non basta?

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Nobody wants 2 è arrivata  su Netflix dopo qualche mese soltanto dalla prima stagione. Merito del grande riscontro (positivo?) ricevuto dalla prima parte di questa moderna storia d’amore tra il rabbino Noah e la creatrice di Podcast  su sesso e relazioni Joanna.

Tanto sembra sia accaduto in questi nuovi 10 episodi, e diverse, contraddittorie diremmo, le sensazioni suscitate alla fine di questo nuovo ‘viaggio’ sempre ben interpretato dai due protagonisti Kristen Bell interprete di Joanne e Adam Brody interprete di Noah Roklov.

Punti di forza? Dialoghi e humour freschi. Innegabile ammettere come la sceneggiatura del serial, firmata  da Erin Foster,  autrice principale del progetto, (per la seconda stagione, entrano anche come showrunner e figure chiave della scrittura Jenni Konner e Bruce Eric Kaplan) sia accattivante e ben scritta.
La stagione presenta ancora quel guizzo che aveva distinto la prima: battute rapide, dinamiche interpersonali vivaci, un tono che vuol bilanciare leggerezza e riflessione. Ensemble di personaggi interessante: sebbene la relazione (tra Joanne e Noah) sia al centro del racconto, la stagione dà maggior spazio ai personaggi laterali, come la sorella di Joanne (Morgan) o il fratello di Noah (Sasha) con le relative relazioni. Questa espansione rende l’universo narrativo più ricco e variato.

Temi contemporanei e interculturali: la serie continua a esplorare temi attuali come l’ amore, l’identità religiosa e la famiglia: l’elemento inter-fede (ebraismo/agnosticismo) resta forte e interessante e la stagione sembra provare a dare maggiore profondità a queste questioni, anche se in modo non sempre risolutivo. La struttura degli episodi, la durata, la volontà di intrattenere senza appesantire rendono inoltre la visione scorrevole e non banale. Una rom-com alla portata di tutti insomma.

La trama

L’ultima volta che abbiamo visto l’agnostica conduttrice di Joanne (Kristen Bell) e l’eccentrico (e affascinante) rabbino Noah (Adam Brody), la loro chimica senza pari ha sorpreso tutti quelli che li circondavano, compresa la sorella di lei Morgan (Justine Lupe), il fratello di lui Sasha (Timothy Simons), la cognata Esther (Jackie Tohn), e persino loro stessi. La loro scintilla si è rivelata più forte di tutti gli ostacoli che cercavano di separarli. Ora sono tornati e sono determinati a unire le loro vite e far avvicinare i loro cari. Ma le differenze esistono ancora e non possono essere ignorate. La sfida ora non è solo quella di innamorarsi contro tutte le previsioni, ma di restare insieme indipendentemente da esse.

Nobody wants this 2: punti deboli

Uno degli aspetti più dibattuti della seconda stagione di Nobody Wants This riguarda la scarsa evoluzione della relazione principale tra Joanne  e Noah. Se nella prima stagione il rapporto tra i due aveva quel certo non so che e la magia di un amore nascente, fatto di ironia, intesa e  dubbi condivisi, in questa seconda parte la dinamica sembra ripetersi stancamente (a volte meno a volte più) . Il conflitto religioso, la possibile conversione di Joanne e la difficoltà di conciliare credenze e identità, diventa un fardello quasi ridondante  che rinvia continuamente, ed inutilmente, la sua ovvia soluzione, e che non arricchisce di un metro questa relazione in erba.  La narrazione preferisce girare intorno al problema piuttosto che attraversarlo, lasciando lo spettatore con la sensazione di Pausa forzata e che mal si adegua alla personalità dei due interpreti.

Parallelamente, le trame secondarie e le backstory dei personaggi soffrono di una costruzione diseguale. Alcuni comprimari – come Morgan o Sasha – vengono messi in primo piano con spunti interessanti, ma le loro linee narrative si esauriscono troppo rapidamente o vengono risolte in modo frettoloso e confuso .

Anche il tono della serie è talvolta incerto, oscillando troppo fra leggerezza da commedia e dramedy adulto. La serie  sembra indecisa su quale strada intraprendere:  intrattenimento o analisi psicologica?

Un’altalena di mood

Sulla leggerezza, la serie brilla e convince; quando si addentra nella profondità convince molto meno e appare incoerente . L’effetto è straniante e molto spesso non sappiamo per chi/cosa parteggiare perchè ogni personaggio ci appare non definito . Sicuramente un effetto voluto, ma , soprattutto poi nel finale, scollato dal disegno generale.  Impariamo a conoscere meglio ognuno di loro ma non a collegare quello che dicono o fanno con il loro background.

Soprattutto i personaggi femminili sono tratteggiati in una maniera che cade poi nel caricaturale, sfiorando lo  stereotipo culturale. Le donne della famiglia Roklov, in particolare, vengono spesso rappresentate come invadenti e ossessive, ricalcando cliché già sfruttati nella televisione americana. Anche se l’intenzione dovrebbe essere quella  di sorridere del  contrasto tra culture, il risultato è  privo di quelle sfumature che dava la prima stagione. L’ironia identitaria si trasforma così in una caricatura trash affettuosa ma ripetitiva, che sminuisce anche personaggi interessanti come Bina o l’amica  influencer di successo.

Cosa si ricollega allo stile di Woody Allen?

Anche se paradossalmente mai citato in nessun dialogo, il fantasma di Allen aleggia nell’aria.  Pur essendo una serie contemporanea e televisiva si possono individuare strutture e  temi che richiamano le commedie alleniane. La Neurosi romantica e i dialoghi brillanti in primis.  I suoi film spesso mettono al centro personaggi nevrotici, insicuri, in bilico tra desiderio di connessione e paura del cambiamento. E anche in “Nobody Wants This” la protagonista Joanne – e in misura Noah, incarna questa instabilità: cercare “l’amore sano dopo i 30”, confrontarsi con le proprie insicurezze, il desiderio di stabilità e la contemporanea fuga dal ‘normale’. Woody Allen inoltre spesso esplora la difficoltà di far convivere desiderio individuale, tradizioni, famiglia, identità. Qui la serie utilizza l’intersezione tra fede e amore (conversione, ebraismo vs agnosticismo) come elemento di tensione: un’eredità culturale che impatta sul rapporto di coppia. Una tipica situazione di un film di Allen in cui il protagonista ebreo/newyorkese cerca un equilibrio tra se stesso e una donna con background diverso.

Anche se è una rom-com, sotto le risate c’è la paura del fallimento, del cambiamento. E questo è tipicamente alleniano: sotto l’apparenza  della tranquillità domestica risale il dubbio, la malinconia, la riflessione sull’amore che dura-  non dura. In “Nobody Wants This  2 si intravede questo: i personaggi che chiedono «cosa devo sacrificare?», «sono scelto per chi sono o per quello che vogliono io diventi?».

La serie non raggiunge però alcuni degli ingredienti alleniani più riusciti, ad esempio, l’ambientazione urbana diventata «personaggio» (come New York nei film di Allen) o la profondità filosofica dell’amore-relazione. Manca la puntigliosità emotiva ed intellettuale  autoriale tipica di Allen, la coerenza interna nel caos, l’emozionalità che risana e distrugge ancora. L’imprevisto.

Cosa aspettarsi: stagione 3? spoiler alert

Ti amo per come sei’ conclude Noah .

Ma non sembra convincere.  La seconda stagione di Nobody Wants This resta comunque un intrattenimento solido: brillante, a tratti emozionante, ricco nei personaggi secondari, con temi contemporanei che interessano. Tuttavia sprigiona un’energia non chiara: la coppia protagonista ci piace, sono entrambi personaggi interessanti e in evoluzione ma la sceneggiatura  sembra girare troppo in tondo agli eventi, utilizzando poi un tono non deciso.  Commedia sentimentale? Dramma familiare ed identitario? La terza stagione ( in arrivo nei prossimi mesi) chiarirà molto probabilmente gli ultimi nodi rimasti e darà spazio alle altre storyline in atto. Perchè in fondo, i personaggi principali di questo gradevole serial non sono Noah, Joanna, Sasha o Morgan ma le loro identità continuamente in subbuglio ed evoluzione e i loro sentimenti.

Come diceva Allen: Love is the answer, but while you’re waiting for the answer,

Nobody Wants This 3 ci sarà anche una terza stagione?

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