Alla Festa del cinema di Roma, Tempi Nuovi, alla maniera di Hard Times di Dickens e Modern Times con Charlot, è un’epitome lirica del lavoro in uno secolo difficile: il Novecento. Uno sguardo al passato che racconta la condizione operaia italiana e una finestra sul presenta che di quel passato reca le ferite.
Dalla Lorena una storia mineraria
Il film intreccia due fili narrativi: da un lato abbiamo un’opera lirica, composta da Carlo Crivelli che indaga la condizione operaia sulla base del libretto di Valerio Magrelli, dall’altro abbiamo un documentario girato a Villerupt, in Lorena. Una città dal passato profondo, dato il forte flusso migratorio avvenuto nel XX secolo, da parte di migliaia di operai italiani. Passato e presente si intrecciano, e lo fanno attraverso l’arte (l’opera lirica) e il reale (scandagliato dal documentario). Villerupt è una città rimasta ferma nel tempo, con il suo paesaggio bucolico e i suoi colori impressionisti. Oltre ad essere la città natale del regista, a confine tra la Francia e il Lussemburgo, è il cuore di una riflessione sull’operaio novecentesco. Sotto il vento caldo della sua bellezza pittorica soffia la storia di un’Italia che troppo a lungo non ha potuto raccontare, a cui ora il cinema da voce.
“Tornando in Lorena, nella città dove sono nato, non immaginavo che fosse nato un altro mondo”, ha dichiarato Caillat. La Lorena racconta il passato e contempla i cambiamenti del lavoro sotto il peso dell’Intelligenza artificiale.
Tempi Nuovi guarda Tempi Moderni
Cambiano i legami sociali, termina un’era ma si è ancora profondamente condizionati dalla precaria condizione in fabbrica e nelle miniere. Gli italiani non hanno dimenticato e il cinema si addentra nelle grotte di chi ha sudato e sofferto per venirne alla luce. Il presente gode della serenità materiale su cui i nostri antenati hanno sempre puntato. Se Charlie Chaplin in Tempi Moderni (1936) avvitava convulsamente bulloni e si faceva ingranaggio umano di una macchina nevrotica e arrivista, la collettività è la protagonista di Tempi Nuovi. Italia e Stati Uniti, hanno conosciuto il medesimo rullo trasportatore, di delusione, rimpianto e fatica, sotto la mano pesante dei potenti.
Arte antica e progresso alla Festa del cinema di Roma
La bravura recitativa degli attori lirici, la fotografia poetica e la brillante sceneggiatura di Cristina Comencini riescono a contemplare un’epoca in profondo mutamento tra l’arte antica della lirica e le nuove prospettive del cinema. Caillat è considerato un “cineasta della memoria” e si fa perfetto interprete di una tematica urgente: “Avevo lasciato una città operaia, il lavoro di ferro e acciaio, i canti dei minatori italiani… Ho scoperto al loro posto finanza e intelligenza artificiale. I discendenti dei minatori sono diventati banchieri e informatici”. Del passato dunque non resta che una leggenda cantata. L’anteprima ufficiale è stata martedì 21 ottobre alle ore 17.15 al Museo MAXXI, con una seconda proiezione mercoledì 22 ottobre alle 17.00 al Cinema Giulio Cesare.