Linea d'Ombra Film Festival

‘Don’t Let Me Die’ – Morti In Vita

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Don’t Let Me Die

Prodotto da Tomsa films, Arragont films e CNC. Candidato al leone d’oro ed attualmente in programma al linea d’ombra film festival (dall’8 al 15 novembre 2025.); Don’t Let Me Die è il primo lungometraggio di Andrei Epure. Scritto a quattro mani assieme ad Ana Maria Gheorghe, racconta una storia basata su un evento traumatico infantile della sceneggiatrice. In Don’t Let Me Die percorriamo i passi di Maria (Cosmina Stratan), una donna disillusa nei confronti della vita. La nostra, dopo aver trovato il corpo esanime della sua vicina di casa, sarà coinvolta in un ciclo burocratico lungo e tortuoso per la sepoltura della misteriosa inquilina.

Virtuosismo artistico

Don’t Let Me Die è un mosaico colmo di bellissime immagini: la regia statica ed intimista, la fotografia dai colori freddi e le impeccabili composizioni liminali infiocchettano l’immaginario assurdista elaborato da Epure. Il film si racconta con una copiosa sequela di inquadrature fisse di altissimo livello costruite con perfetta simmetria a dall’estetica minimalista. Spicca la scelta del regista di evitare totalmente movimenti di camera anche nei piani sequenza, mantenendo una fissità totale; donando un tratto d’unicità ulteriore al film.

Cani

L’opera può vantare, oltre che di un cast all’altezza – in primis l’ottima Elina Löwensohn – di un assortimento di personaggi peculiari ed affascianti che corroborano il senso di inquietudine perpetua presente nel film. Sono infatti innumerevoli le figure che si susseguono nel viaggio di Maria, ed ognuna di esse è caratterizzata da un’aura di inquietante mistero. Il tratto caratterizzante della sceneggiatura è l’incomunicabilità tra questi personaggi e Maria: molto spesso risulta astruso capire perfettamente di cosa si stia parlando o quali siano le motivazioni dietro le azioni e reazioni dei personaggi. questo tipo di narrazione tipica del cinema d’autore realista coinvolge e confonde lo spettatore, accrescendo il senso di disagio. Nel corso del film diventa evidente la doppia misura che ha la protagonista nei confronti di umani e animali: laddove Maria si atteggia in maniera distaccata e aliena nei confronti delle persone, nei cani rivela un forte affetto ed attaccamento. Nello specifico, per i fidi della sua defunta vicina. Sono proprio i cani, infatti, uno dei perni narrativi del film; avviando un cambiamento nella protagonista e presentando conflitti passati tra la defunta e le persone a lei vicine; in un ciclo perpetuo in cui Maria è coinvolta non solo nella morte della donna ma anche nel passato in vita e nei problemi irrisolti dopo la morte.

Narrazione incerta

L’assurdità allegorica è il traino di Don’t Let Me Die; la sua più grande forza e, purtroppo, anche il suo più grande problema. A fronte di un reparto tecnico e stilistico impeccabile, il comparto narrativo di Don’t Let Me Die soffre di un grande distaccato tra prima e seconda metà del film.mistero ed alienazione, elementi che rendevano funzionale la trama, finiscono per divenire un peso per quest’ultima. i comprimari soffrono di una malagestione dello sviluppo, creando così uno sbilanciamento coadiuvato da fin troppi dubbi ancora aperti ed una conclusione insoddisfacente a tratti didascalica. Di fatto i ritmi lenti e ad ampio respiro raggiungono il loro picco attraverso un finale claudicante e quasi in completa opposizione allo spirito dell’opera stessa.

Conclusione

Un’opera imperfetta ma affascinante. esordio di un autore dalle grandi potenzialità e con una forte identità. A fronte di una narrazione claudicante, Don’t Let Me Die è un film dalla bellezza sconvolgente, uno oscuro inno alla vita. Degno di essere guardato da ogni appassionato del cinema d’autore europeo e meritevole d’attenzione anche vista del futuro.

 

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