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‘Respiri’, il documentario che intreccia scienza e spiritualità per raccontare il nostro tempo
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Published
3 mesi agoon
Di questi tempi, anche solo sentire la parola “respirare” ci fa venire in mente due cose: lo yoga (che pratichiamo una volta ogni morte di luna piena) e lo stress (che invece pratichiamo ogni singolo giorno). Ecco allora che arriva Respiri, il documentario firmato da Antonio Bocola (Fame chimica) e prodotto da Wanted e Rai Documentari in onda su RaiPlay e Rai 3, a fare da cartina di tornasole su un tema sempre più attuale: come ritrovare un contatto con se stessi in un’epoca che corre troppo veloce per pensare.
Ma attenzione: Respiri non è un tutorial sulla respirazione diaframmatica né una lezione di mindfulness con toni da guru. È qualcosa di più stratificato, più ambizioso — e forse anche un po’ più rischioso: un viaggio tra esperienze personali, pratiche meditative e studi scientifici, che si pone l’obiettivo (per nulla modesto) di rimettere al centro il respiro come atto consapevole, identitario, quasi rivoluzionario. E ci riesce.
Respiri Un’ora di silenzio… piena di parole
Il documentario, disponibile su RaiPlay dal 27 settembre e andato in onda su Rai 3 pochi giorni dopo, non ha ancora generato il classico “dibattito social” da milioni di visualizzazioni. Nessun #BreathTok in arrivo, insomma. Ma chi lo ha visto (noi compresi) si è trovato davanti a un esperimento curioso, ben costruito, visivamente raffinato. Un prodotto di nicchia, certo, ma che prova a parlare al grande pubblico — senza banalizzazioni né proclami New Age.
La struttura è quella del classico doc a episodi testimonianza-intervista, montato con attenzione estetica e ritmo (a tratti persino troppo contemplativo). Ma ciò che lo distingue è la molteplicità di voci e registri: dal funambolo Andrea Loreni al musicista Vicio dei Subsonica, dall’artista Michelangelo Pistoletto alla pallavolista Myriam Sylla, fino a professori universitari ed esperti di neuroscienze. Insomma, tutti lì a raccontare cosa significhi respirare, davvero.
Chiariamo subito un punto: non è un documentario sul benessere in stile “esperto che ti dice come vivere meglio”. È piuttosto un’esplorazione a più livelli che tocca arte, sport, meditazione, scienza e filosofia. E qui Respiri trova il suo tono migliore: nella pluralità di approcci, nel rispetto per la complessità di un gesto semplice quanto fondamentale.
Dal fiato sospeso al fiato consapevole
Chi ha vissuto gli ultimi anni (cioè tutti noi) ha imparato quanto il respiro possa diventare, metaforicamente e concretamente, questione vitale. Dalla pandemia alle ansie da performance, dalla perdita del controllo alla ricerca di senso: Respiri intercetta il bisogno collettivo di rallentare e ascoltare, dentro e fuori.
Non a caso, il documentario si apre su un paesaggio rarefatto, quasi fuori dal tempo, accompagnato da una voce fuori campo che ci invita a “prendere fiato”. Un invito semplice, quasi banale, eppure oggi stranamente radicale. L’autore, Antonio Bocola (già regista e sceneggiatore di progetti indipendenti con vena sociologica), ha dichiarato di aver costruito Respiri come un “viaggio”, un percorso più che una dimostrazione. E la sensazione è proprio questa: un cammino che non pretende di dare risposte, ma suggerisce domande.
Scienza, ma con leggerezza
Uno degli elementi più interessanti — e anche più cimentosi — del documentario è il tentativo di coniugare la narrazione esperienziale con quella scientifica. A fianco delle testimonianze personali, infatti, intervengono neuro scienziati, psicologi, docenti universitari che spiegano cosa succede al cervello durante la meditazione, perché il respiro può diventare uno strumento di autoconsapevolezza, e in che modo le discipline contemplative oggi sono oggetto di ricerca.
Siamo, in sostanza, nel campo dei contemplative studies, una branca affascinante quanto delicata, che cerca di tradurre spiritualità e introspezione in linguaggio accademico. Respiri ci prova con chiarezza, evitando eccessive semplificazioni, e questo è forse uno dei suoi maggiori pregi. Tuttavia, in alcuni momenti lo stile tende a indulgere in una certa teatralità: la voce narrante dolce e ipnotica, le immagini con lunghi piani fissi e le frasi di effetto rischiano di sfiorare la retorica tipica di un videoclip meditativo.
Un cast che respira (davvero)
La scelta delle testimonianze è senza dubbio uno dei punti di forza del documentario. Non si punta sugli “esperti da copertina” o su influencer del benessere, ma su figure che hanno integrato la consapevolezza del respiro nelle loro pratiche professionali e creative.
Andrea Loreni, funambolo zen, racconta come l’equilibrio fisico e mentale si alimenti proprio attraverso il controllo del respiro. Myriam Sylla, pallavolista azzurra, spiega come il respiro le permetta di “rientrare in sé” nei momenti di massima pressione agonistica. Michelangelo Pistoletto, uno dei padri dell’arte povera, riflette sulla relazione tra arte, presenza e tempo. Vicio dei Subsonica parla della creatività come di uno spazio interiore da proteggere e nutrire.
Ciascuno, a modo suo, racconta il respiro come chiave d’accesso al proprio mestiere e vissuto personale. Ed è forse questa la forza più autentica del documentario: riuscire a rendere concreto ciò che spesso appare astratto.
Un documentario che respira con noi
Respiri non è un prodotto perfetto. Alcuni passaggi rischiano di sfiorare la retorica, certe transizioni visive ricordano qualche videoclip, tuttavia si tratta di un progetto onesto, colto e ispirato che prova a parlare di benessere senza paternalismi, di meditazione senza incensi, e soprattutto di umanità in cerca di sé.
In un panorama di contenuti “motivazionali” o “olistici” spesso semplificatori, Respiri si distingue per un approccio che non impone, ma propone. Non promette miracoli, ma invita a compiere un gesto che non costa nulla: fermarsi e respirare consapevolmente.
E chissà, magari non cambierà la vita. Ma concedersi sessanta minuti di ascolto, silenzio e attenzione in una televisione urlata e sovraccarica è già un piccolo atto rivoluzionario.
Conclusione: da vedere?
Se cercate un documentario che unisca arte, scienza e spiritualità con grazia, desiderate una pausa sensata dallo scroll compulsivo e pensate che benessere sia qualcosa di più di una tazza di tè e un filtro Instagram, Respiri è certamente da non perdere.
Al contrario, se odiate i ritmi lenti, volete solo una guida pratica alla respirazione o vi infastidisce l’idea che un gesto così basilare possa avere un impatto profondo, allora forse non fa per voi.
In ogni caso, Respiri ha il merito di porre la domanda giusta, al momento giusto: «Ma tu, oggi, hai respirato davvero?».