Ortigia Film Festival

‘Lasciateci Perdere’: esistenze in ascolto

Un inno alle imprese della vita

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Durante Ortigia Film festival, il documentario Lasciateci perdere si è fatto sicuramente notare per il modo anticonvenzionale di raccontare la disabilità.

La narrazione del documentario parte dal primo allenamento della Nazionale di calcio non vedenti in preparazione al Mondiale per le Paraolimpiadi. In campo il Mister, Michele Pugliese, e il suo vice, Giovanni Avallone, guidano la squadra con energia, tra incoraggiamenti e battute che alleggeriscono la fatica. La voce dei giocatori spiega le regole particolari del calcio cieco, un mondo affascinante e poco conosciuto. Per loro, questa è la normalità: ciò che per chi vede appare straordinario, per i ragazzi è semplicemente vita quotidiana. La vera sfida non è contro sé stessi, ma nel dimostrare il proprio valore in campo. Sebastiano, il capitano, e i suoi compagni, lottano per lasciare un segno, per scrivere la storia della Nazionale e vedere il proprio nome ricordato.
Un sogno che va oltre ogni barriera, oltre la disabilità, e che li accomuna a tutti i grandi sportivi: superare i propri limiti per raggiungere la vittoria.

Lasciateci Perdere: la squadra di calcio non vedenti alle Paraolimpiadi

 

Al centro del documentario c’è la Nazionale italiana di calcio a 5 per non vedenti, impegnata nella delicata e intensa preparazione in vista delle Paraolimpiadi.

Attraverso sequenze di allenamenti, momenti di confronto e dialoghi spontanei, il film mostra la straordinaria forza e determinazione di questi atleti che sfidano ogni limite.

Il film mette in luce le dinamiche di una squadra che si regge su una complicità fatta di ascolto, solidarietà e fiducia reciproca, svelando come il linguaggio del corpo e dei suoni diventi fondamentale per costruire strategie e superare ostacoli. Non è solo una storia di sport, ma un vero e proprio ritratto umano, che racconta le paure, le speranze, le tensioni e la gioia di chi si sta preparando a competere in un evento di portata mondiale. Il calcio a 5 per non vedenti diventa così simbolo metafora delle sfide che ogni protagonista deve affrontare ogni giorno nella sua vita, diventare padre, insegnare a scuola: con le immagini che restituiscono la potenza di un’esperienza condivisa.

Lo stile documentaristico permette alla vita vera di prendersi il suo spazio

Niccolò Ferrero adotta uno stile narrativo e visivo che alterna i momenti di allenamento e preparazione, allo spaccato individuale di ogni giocatore, per dare spazio al passato e presente che vivono i protagonisti. Le immagini sono spesso dilatate, e si concentrano sui piccoli dettagli, sui silenzi e sull’immediatezza del momento. Nel film compare anche il comico e autore Valerio Lundini, scrittore della prefazione del libro di Sebastiano, in una comparsata delicata, che aggiunge al documentario una nota di autoironia sulla condizione dei non vedenti. Un’eco leggera che non distoglie però mai dall’essenza del racconto.

L’incipit del documentario parte da un’affermazione, che racchiude il  messaggio più profondo di questo lavoro:

“La comunicazione verbale e scritta vanno sempre più scomparendo per lasciare posto alla comunicazione visiva, perché la vista è un senso preziosissimo però distrae molto dall’essenza”.

Questo incipit invita a porre una riflessione su come, nell’era delle immagini e dei social network, la visione possa diventare uno strumento tanto potente quanto ingannevole, capace di distrarre dall’essenza profonda delle relazioni umane e del vivere quotidiano. Il documentario diventa quindi un manifesto per una visione nuova, meno superficiale, in grado di trovare equilibrio tra guardare e osservare: l’osservazione, non per forza implica la vista. Niccolò Ferrero costruisce una narrazione fluida e poetica, evitando una facile retorica e lasciando spazio alla soggettività e all’esperienza personale dei suoi undici giocatori.

Lasciateci Perdere è un inno alle imprese della vita, quella da affrontare tutti i giorni

Il documentario non rappresenta solo un racconto legato allo sport e all’impegno paralimpico, ma una riflessione cinematografica sulla comunicazione, sulla perdita e sul ritrovamento di sé. La sfida degli atleti non vedenti si intreccia a quella più ampia del nostro tempo: il rapporto con un mondo dominato dalla comunicazione visiva che, pur essendo potente, rischia di far perdere l’essenza delle cose. Niccolò Ferrero ci invita a riflettere su come la lentezza, il silenzio e la presenza autentica siano strumenti fondamentali per recuperare un contatto vero con la realtà e con gli altri.

In questo senso, il documentario è un invito a perdersi per poter davvero ritrovarsi, una chiamata a osservare con occhi nuovi, ad ascoltare senza pregiudizi e a scoprire la complessità del vivere quotidiano oltre ciò che è immediatamente visibile. L’esperienza vissuta dalla squadra di calcio a 5 non vedenti diventa così parabola di speranza, rappresentando la forza della resilienza alle quotidiane intemperie della vita.

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