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‘Alarum’: Un cast dai grandi nomi per un film che non convince

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Alarum è un thriller d’azione con un cast stellare che promette scintille, ma non riesce a rispettare le aspettative. La trama segue Joe (Scott Eastwood) e Lara (Willa Fitzgerald), due ex spie rivali che si innamorano durante una missione, vanno fuori dal radar, si sposano e cercano una vita tranquilla in un rifugio remoto. Peccato che la loro pace venga interrotta da agenzie di intelligence che li accusano di far parte di “Alarum”, un’organizzazione segreta di spie traditrici, e li assalgono alla ricerca di un hard disk rubato. A complicare le cose, entra in scena Chester (Sylvester Stallone), un ex collega riluttante che deve scegliere da che parte stare.

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Una sceneggiatura che non convince

La sceneggiatura di Alexander Vesha è un groviglio confuso di colpi di scena prevedibili e motivazioni fumose. L’organizzazione “Alarum” resta un’ombra vaga, più un pretesto per sequenze d’azione che una minaccia concreta, e il ritmo alterna lenti momenti domestici a esplosioni che non creano mai vera tensione.

La trama stessa è travagliata: motivazioni non sempre chiare per i personaggi e situazioni che non sembrano ben costruite. Il ritmo è spesso sbilanciato: scene che dovrebbero generare tensione o pathos non lo fanno, ed il montaggio non aiuta.

La regia di Michael Polish è banale: le coreografie delle scene d’azione sono tecnicamente buone, ma prive di inventiva o adrenalina, come se fossero girate con un manuale per principianti da seguire rigorosamente.

Un cast stellare per un film mediocre

Sul fronte cast, Eastwood e Fitzgerald fanno il loro: lui è solido come action hero, lei porta un po’ di carisma letale al personaggio della “miglior killer al mondo”. C’è un discorso specifico da fare su Sylvester Stallone: appare come il grande richiamo pubblicitario, eppure il suo ruolo è marginale e sottoutilizzato – un cameo che sa di spreco, nonostante il suo carisma riesca a stabilizzare qualche scena debole. Gli altri, come Mike Colter, sono competenti ma intrappolati in dialoghi cliché che non destano emozioni di alcun tipo. Il ruolo degli attori è limitato, e la sceneggiatura non permette loro di creare un vero legame emotivo con lo spettatore.

Dettagli non curati e temi trattati superficialmente

Le location nevose e desolate dovrebbero evocare tensione, ma appaiono indistinte e finto-europee. La fotografia è funzionale ma non entusiasmante, e il suono è un altro punto debole, con dialoghi a volte coperti dalle sparatorie. Il film “prende in prestito” così tanto da altri che fatica a trovare la sua identità, e Polish non trasforma i momenti conversazionali in cinema avvincente. È un B-movie che aspira a essere mainstream ma inciampa nei propri limiti produttivi.

Alarum tenta di esplorare temi come la ribellione contro il sistema intelligence (un’allegoria alla Guerra Fredda rinnovata) e il costo personale della vita da spia, ma li tratta superficialmente.

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