Sole Luna Doc Film Festival

‘Mothers of Chibok’ – dolore e dignità

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Mentre lavorano nelle loro fattorie per pagare un altro anno di scuola ai loro figli, una comunità di madri nigeriane va avanti nonostante la tragedia, ancora irrisolta, che sconvolse il loro villaggio nel 2014. Nella cornice del Sole Luna Doc Film Festival, questa è la premessa di Mothers of Chibok, il documentario del regista nigeriano Joel ’Kachi Benson che sarà proiettato il 16 settembre 2025. Già premiato all’Encounters South African International Documentary Festival con l’Al Jazeera Award come Miglior Documentario Africano e accolto con standing ovation da New York a Lagos, il film conferma Benson come una delle voci più potenti del cinema africano contemporaneo, già premiato a Venezia con Daughters of Chibok e vincitore di un Emmy con Madu.

Le Mothers of Chibok e il tempo sospeso

Ci sono storie che non appartengono solo a un luogo, ma al mondo intero. Mothers of Chibok nasce dalla ferita ancora aperta dei rapimenti di massa compiuti da Boko Haram nel 2014, quando 276 ragazze furono strappate alle loro famiglie da una scuola a Chibok, nel nord-est della Nigeria. Dieci anni dopo, il documentario non si limita a ricordare quell’evento, bensì esplora il presente delle madri sopravvissute. Donne che continuano a vivere, lavorare e pregare mentre il vuoto lasciato dalle figlie è diventato parte integrante della loro esistenza.

Benson sceglie di raccontare quattro donne (Yana, Lydia, Ladi e Maryam) senza filtri, immergendosi nelle loro vite quotidiane. Questo non lo fa solo come semplice osservatore, come riporta in un articolo il West Africa Weekly, il regista ha vissuto con loro, coltivato la terra, ascoltato i loro silenzi e i loro canti. Attraverso piccoli gesti come seminare il terreno arido, raccogliere l’acqua, cucinare per la famiglia, il film mette in scena la pratica ordinaria come resistenza per sopravvivere.

Ciò che il film fa meglio è raccontare l’infinita attesa della quotidianità di queste donne. Bisogna attendere la pioggia per il raccolto, attendere notizie dalle figlie, attendere un ricongiungimento che spesso tarda ad arrivare. In una delle sequenze più struggenti, Lydia si reca a Maiduguri con la speranza di riabbracciare la sorella Aisha: giorni di attesa snervante si trasformano in una sospensione dolorosa, fino al momento in cui la gioia esplode nel loro abbraccio.

Il documentario restituisce questa condizione di limbo senza indulgere nel patetico. La fotografia alterna riprese dall’alto, che mostrano la bellezza ferita del paesaggio, a silhouette all’alba che inquadrano con solennità i  personaggi. La pioggia arriva e i bambini si tuffano gioiosi nell’acqua, ciò che per noi è un fenomeno naturale diventa simbolo di speranza. La pioggia suggerisce un raccolto abbondante, e questo a sua volta significa soldi per l’istruzione, il vero futuro delle ragazze di Chibok.

Un requiem e una rivoluzione

Mothers of Chibok non è mai un film che vittimizza i suoi personaggi, anzi è un racconto pieno di dignità. La giovane Laraba, sorella di una delle ragazze rapite, decide di arruolarsi nell’esercito. Un gesto che può sembrare estremo, ma che urla a gran voce contro l’impotenza, un modo per trasformare la rabbia in azione concreta. Benson mostra per tutta la pellicola queste donne come fiamme ostinate che non si spengono al vento, custodi di un dolore che non fa altro che rinnovarle.

Il film si muove tra intimità e dimensione politica, riuscendo a superare la cronaca e i titoli dei giornali. Non è un semplice documentario, ma un atto di testimonianza che denuncia il peso insostenibile di una società costruita sulle spalle delle donne. E la sua forza sta proprio nell’assenza di retorica, il film non chiede pietà, ma esige rispetto. Ed è qui che si avverte la portata universale dell’opera. Non riguarda solo la Nigeria, ma un mondo in cui parte dell’umanità continua a portare sulle proprie spalle il fallimento dell’altra metà.

Il film di Besson è insieme requiem e rivoluzione, elegia e atto d’accusa. Un’opera che, dietro le immagini di madri piegate sui campi o raccolte in preghiera, ci guarda negli occhi e ci chiede: fino a quando lasceremo che siano loro a portare il peso del mondo?

Sapevate che al Sole Luna Doc film festival di quest’anno sarà il regista e attivista spagnolo Isaki Lacuesta ad aprire il programma?

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