Saturnia Film Festival

‘La Fémmina’: un amore perduto che porta alla sofferenza eterna

Un corto poetico su un amore omosessuale nascosto e mai dimenticato nel Sud Italia

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Con La Fémmina, Nuanda Sheridan (nome d’arte di Simona De Simone, regista salentina dal percorso internazionale tra Roma, Parigi e l’Argentina) ci porta tra le terre bruciate e malinconiche del Sud Italia, dove il tempo sembra essersi fermato tra campi, silenzi e ricordi. Il cortometraggio, in concorso al Saturnia Film Festival (in programma dal 30 luglio al 3 agosto nei borghi della Maremma), è stato proiettato proprio nella serata inaugurale del festival.

Prodotto da Pink Weapon e distribuito da Premiere Film, La Fémmina ha già ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il premio come Miglior Corto Italiano alla decima edizione del Fabrique du Cinéma Awards a Roma. È stato inoltre premiato con una menzione speciale per la recitazione e come Miglior Cortometraggio al Borgo Film Fest di Bisacquino, e ha ricevuto una menzione speciale anche al La Picasa International Film Festival in Argentina.

La Fémmina: ignorare l’esistenza del diverso

Il cortometraggio è ambientato tra le terre amare del Sud Italia dove Gerardo (Orio Scaduto), un anziano contadino, convive con i ricordi della sua giovinezza. Attraverso l’utilizzo del bianco e nero, La Fémmina ci racconta la storia di un amore omosessuale vissuto in segreto e finito in tragedia, ma anche di un’esistenza intera trascorsa accanto a una moglie consapevole ma silenziosa.

Entriamo nella mente tormentata di un uomo che, ormai anziano, trova rifugio in una dimensione altra, dove ogni giorno può rivivere quell’amore mai dimenticato. Un viaggio nella memoria e nel rimorso, ma anche nella tenacia di un sentimento che non si arrende al tempo, al giudizio e alla perdita.

Sguardi intensi, parole non dette

A dare volto e anima ai personaggi di La Fémmina troviamo Orio Scaduto, attore bagherese che regala al protagonista Gerardo una profondità autentica, insieme a Giuditta Perriera nei panni della moglie, Valerio Da Silva Petrone che interpreta l’amante Peppino, Giorgio Montaldo nel ruolo del giovane Gerardo e Beatrice Ripa che interpreta la moglie di Gerardo da giovane. Oltre a loro, appaiono anche Francesco D’Angelo, nel ruolo del nipote del protagonista, e Silvestre Mascali, nei panni dell’anziano del paese.

La regia è affidata a Nuanda Sheridan (Simona De Simone), che firma anche il soggetto e la sceneggiatura. La produzione è di Pink Weapon, mentre la distribuzione ai Festival è stata curata da Premiere Film.

La stasi dell’essere

La Fémmina si apre con Gerardo alla guida del suo camioncino. Non sappiamo dove stia andando e, in fondo, non importa. Quello che conta è il suo essere solo ma in movimento, in netto contrasto con il resto del corto, dove domina una staticità profonda. I passi sono lenti, forzati, quasi come se i personaggi si stessero trascinando per andare avanti. Tutti vagano senza una meta precisa, cercando rifugio nella routine quotidiana, nelle faccende domestiche, in qualcosa che li tenga occupati.

Il bianco e nero ci immerge subito in una dimensione piatta e sospesa, dove il tempo perde consistenza. Potremmo trovarci negli anni ’80 come in una zona remota del Sud Italia. Gli unici indizi sono gli abiti dei nostri nonni, i gesti della vita contadina (la pasta fatta a mano, il pennello da barba, il pollaio), l’assenza di elettrodomestici, una radio. Non è una famiglia moderna, al passo coi tempi, ma una piccola realtà bloccata nel passato.

Ferire con l’omertà e l’ignoranza

La famiglia di Gerardo non è numerosa: vediamo la moglie, intravediamo per un momento il nipote. Ma ciò che emerge con forza in La Fémmina è l’isolamento del protagonista, sia fisico che mentale. Gerardo non vive nel presente: la sua mente è altrove, ancorata al ricordo di Peppino. Il suo corpo si muove svuotato, privo di affetto, distante anche quando condivide il letto con la moglie. E lì, in quel silenzio, fischia. Un suono semplice, simile al verso di un uccellino. Solo più tardi scopriamo che è il richiamo che lui e Peppino usavano in segreto per incontrarsi lontano da sguardi indiscreti.

Anche nei gesti più quotidiani, da quando si sveglia a quando si addormenta, Gerardo agisce con il corpo mentre si rifugia nei ricordi. Mentre nutre il pollaio, mentre attraversa la campagna vuota, è sempre altrove. A riempire quei vuoti c’è Peppino, la memoria dei giochi, delle rincorse, di un amore mai davvero finito.

Dal silenzio al canto tradizionale

Una delle particolarità di La Fémmina è l’assenza quasi totale di musica. Seguiamo in silenzio Gerardo nella sua routine quotidiana, riempita solo dai fischietti di Peppino e dagli sguardi innamorati che i due amanti si scambiavano da giovani. Proprio come il protagonista, anche noi spettatori siamo spinti a desiderare di tornare in quella dimensione perduta: per vedere, per capire, per ricordare. Eppure è come se Gerardo stesso non volesse che noi guardassimo troppo a fondo, come se difendesse la sua intimità. A tratti torniamo nel presente, osserviamo l’uomo che è diventato: un nonno solo, un devoto cattolico, un marito di altri tempi. Ma siamo gli unici a vedere che sta venendo divorato dal rimpianto e dal senso di colpa, oltre quella maschera fatta di insicurezze e menzogne.

O almeno, così crediamo, perché, in verità, anche sua moglie sa. Sa tutto. Lo ha sempre saputo. Anni prima li aveva sorpresi sulla spiaggia e da allora ha indossato i panni della moglie devota, della casalinga impeccabile. Complice silenziosa, è stata la spettatrice di un amore che non poteva essere vissuto. Forse, in buona fede, ha deciso di tenere nascosto questo segreto per proteggere il marito. O forse non ha mai avuto il coraggio di affrontare la realtà.

Nel finale, la musica irrompe e diventa protagonista. Un canto in siciliano abbraccia le parole di Gerardo, che finalmente accetta ciò che è stato e ciò che è rimasto di lui. L’amore che non lo ha mai abbandonato riapre la ferita e lui cerca di riavvicinarsi al ricordo di quell’uomo che, un tempo, era tutto. Si mette il rossetto, indossa l’abito che Peppino portava quando lui stesso lo ha ucciso, schiacciato da una mentalità ottusa. E danza, dolcemente. Si lascia guidare dal fruscio delle onde del mare. Steso a terra, sulla pancia coperta dal vestito di Peppino, una macchia scura: è la ferita che li ha uniti e condannati insieme. Quel giorno, sono morti entrambi.

Il vero colpevole secondo Nuanda Sheridan

Con profonda sensibilità ed empatia, La Fémmina dipinge una società manipolatrice, omertosa e ignorante. Sarebbe semplice attribuire la tragedia solo all’inconsapevolezza o al peso della religione, ma il corto è chiaro nel mostrare chi deve portare il peso di questo dolore: tutti.

L’omofobia è una sanguisuga che si aggrappa alla pelle e prosciuga l’anima. Ha risucchiato Gerardo, costretto a fingere, a rinnegarsi, a uccidere l’amore della sua vita per adeguarsi alle aspettative. Ma ha ferito anche sua moglie, colpevole silenziosa, incapace di spezzare la catena dell’omertà. E ha segnato l’anziano, figura di una mentalità bigotta, analfabeta, irremovibile. Nessuno è innocente. In questo sta la forza devastante del corto: non c’è conforto, non c’è riscatto. Solo la memoria di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato.

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