Esiste una domanda che da sempre ci tormenta, una domanda che racchiude in sé tutte le altre: che senso ha la vita? A questo interrogativo, irrisolvibile e profondamente umano, si dedica Life & Other Problems di Max Kestner, presentato al CPH:DOX 2024 e in concorso alla prima edizione di TerraLenta Film Fest, festival dedicato al documentario ambientale.
Nel documentario di Kestner, non è tanto l’assenza di riposte a emergere, quanto il modo in cui ogni tentativo di comprensione si scontra con la complessità del reale. Il film si muove dentro questa tensione, senza mai cercare di semplificarla. I tentativi di risposta ci sono: numerosi, differenti, profondamente soggettivi e, proprio per questo, spesso contraddittori. Ma nel momento in cui si prova ad abbandonare la prospettiva individuale per adottarne una collettiva, quelle stesse risposte mostrano tutta la loro parzialità.
Dalla giraffa Marius al mondo intero
Lo spunto narrativo che accende questa riflessione esistenziale è lo shock provocato nel 2014 dalla notizia dall’abbattimento della giraffa Marius nello zoo di Copenaghen. L’animale, considerato non essenziale per preservare la diversità genetica della specie, fu soppresso perché lo zoo ospitava già un numero eccessivo di giraffe. I resti di Marius furono quindi sezionati davanti al pubblico, inclusi i bambini, e dati in pasto ai leoni. Il direttore dello zoo difese pubblicamente la sua scelta, spiegando che si trattava di un’azione inevitabile e naturale del ciclo della vita. Tuttavia, il fatto scatenò molte critiche e proteste in tutto il mondo.
Kestner parte da questo evento per intraprendere un percorso ampio e stratificato che tocca i grandi temi dell’esistenza: Cos’è la coscienza? Quali forme di vita la possiedono? E cosa significa, davvero, essere vivi? Il regista intervista neuroscienziati, biologi marini, microbiologi, veterinari, uomini di scienza che si confrontano con i limiti della conoscenza e con l’enorme complessità della vita.
Relazioni come struttura della vita
Le interviste e i racconti scientifici rivelano un modo in cui ogni cosa è connessa, a ogni livello: dal microbiota che ci abita, fino alle particelle subatomiche che continuano a influenzarsi a distanza cosmica dopo essere state in contatto al tempo del Big Bang.
In questo universo interconnesso, la coscienza, suggerisce Kestner, non serve a possedere il mondo, ma a entrare in relazione con esso: con un albero, un animale, una persona. A costruire legami e sentirci meno soli. E forse è proprio questo il significato più profondo che possiamo attribuire alla nostra esistenza, come individui e come umanità intera: esistere per l’altro, qualunque forma questo abbia.
L’indagine esistenziale si intreccia alla dimensione personale del regista, seguendo, in questo modo, il filo conduttore che attraversa l’intero film. Kerstner racconta la partenza dei figli da casa– cellule delle sue cellule, simbolo tangibile di un legame profondo e concreto con la vita. Un momento intimo che permette di portare il discorso esistenziale a una scala quotidiana, familiare e profondamente umana.
Una bellezza che nasce dalle domande
La struttura narrativa è, forse, solo apparentemente irregolare, frammentata. Immagini, citazioni, racconti e interviste si alternano restituendo la complessità, a tratti disordinata, del pensiero che anima il film. Kestner però non si nasconde: la sua voce e la sua presenza portano avanti un percorso di ricerca condiviso con lo spettatore.
Pur essendo composto in gran parte da interviste, Life & Other Problems si distingue per una straordinaria attenzione visiva. Kestner lavora con alcuni dei direttori della fotografia più importanti del cinema europeo, come Sturla Brandth Grøvlen (Another Round) e Maria von Hausswolff (Godland). La resa estetica del film contribuisce a renderlo non solo un documento riflessivo, ma anche visivamente potente.
Un film per chi sa stare nel dubbio
Life & Other Problems non dà risposte, non chiude discorsi. Ma invita a restare nella domanda, ad abitare il dubbio come forma di consapevolezza. La vita, sembra dirci il film, è un equilibrio sottile, continuamente esposto a squilibri. Bastano pochi cambiamenti perché la Terra smetta di essere accogliente — non solo per l’uomo, ma per ogni essere vivente.
Forse è proprio questo senso di connessione materiale, ci suggerisce in conclusione il documentario, ad aver generato l’indignazione per la morte di Marius. Non perché fosse una giraffa in particolare, ma perché in lei abbiamo riconosciuto qualcosa che ci riguarda. Non è sentimentalismo, ma una forma istintiva di appartenenza.