Saturnia Film Festival

‘La Compañía’, il corto di José Maria Flores sulla caducità dell’esistenza

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Un uomo e una donna camminano per strada. Sono una coppia e si stanno concedendo una serata libera. Probabilmente era da un po’ che non trascorrevano del tempo insieme senza i bambini. Lei chiede a lui se sia il caso di chiamarli, solo per assicurarsi che tutto stia andando per il meglio, che non ci siano pericoli.

Una situazione di vita quotidiana, quella messa in scena da José Maria Flores nel suo cortometraggio La Compañía, in concorso nella sezione cortometraggi del Saturnia Film Festival , o almeno lo è  apparentemente. La camera segue in maniera caotica i due protagonisti nel loro cammino. Abbiamo solo poche informazioni su di loro, ricavate dalle prime battute iniziali, poi improvvisamente tutto cambia.

La coppia si imbatte in una folla che, in silenzio, osserva un incidente. Nessuno interviene: tutti fissano la scena con apatia. Questa Compañía, questa massa di persone, diventa coro – a tratti orrorifico – che fa percepire la distanza dei corpi, riflettendo il vuoto, l’assenza di empatia e il lutto silenzioso dei due protagonisti.

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La Compañía, una tragedia personale e collettiva

I temi trattati ci portano in una storia che da particolare si fa universale, intrecciando l’inevitabilità della perdita con la disconnessione tra individuo, collettività e ineluttabilità dell’addio. In pochi istanti, l’ordinario viene sovvertito, rivelando subito il tono drammatico ed emotivo del corto.

La reazione alla tragedia, personale e collettiva, viene rappresentata come un momento di dissonanza: molte persone osservano un incidente senza intervenire, mentre il soggetto ferito percepisce l’indifferenza dell’altro come estraniazione.

Condensati in appena dodici minuti, attraverso un unico piano-sequenza – in realtà un falso continuo ottenuto con l’utilizzo di steadicam, gru, riprese a mano e droni – il regista in La Compañía mette in scena una profonda riflessione sulla caducità della vita.

Flores, eliminando ogni via di fuga narrativa, viaggia nel tempo reale dell’evento, raffigurando la fine di un’esistenza intrisa delle contraddittorietà dell’essere umano che riconosce e al tempo stesso vorrebbe negare la morte.

La danse macabre della Compañía

L’interpretazione di Alberto Amarilla ed Elisabeth Larena, nei panni di marito e moglie, intensifica maggiormente il coinvolgimento emotivo, impedendo allo spettatore di sottrarsi ai sentimenti suscitati da questa danse macabre, verso un mondo altro, delicatamente e umanamente ripresa da Flores e la sua troupe.

Il regista, con echi al coro della tragedia greca, è riuscito perfettamente a calibrare immagine e musica attraverso una sequenza fluida e densa di tensione emotiva lasciando i protagonisti in balia di una tragica attesa che non lascia spazio a un epilogo con lieto fine, mentre allo spettatore non resta che accogliere questo dolore e farlo proprio.

Flores calibra con estrema precisione immagine e suono, componendo una sequenza densa di tensione emotiva e visivamente fluida. I protagonisti si ritrovano sospesi in una realtà che si deforma, abbandonati a una tragica attesa che non lascia spazio a un epilogo salvifico. Come nel teatro antico, la coralità silenziosa della folla diventa specchio di una collettività impotente, presenza che osserva ma non agisce. Allo spettatore, immerso nel tempo reale del racconto, non resta che accogliere questo dolore, farlo proprio e lasciarsi attraversare da esso.

 

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