Ischia Film Festival

‘Obraz’: una torre di forza in tempi di guerra

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“…name is a tower of strength”: con questa frase del Riccardo III si apre Obraz (2024), l’ultimo film di Nikola Vukčević. Se nella tragedia shakespeariana la frase corrispondeva a una dichiarazione di fiducia nei confronti del potere e dell’autorità del nome reale, in questo dramma bellico si carica di un valore emblematico e universale: l’onore come fondamento identitario, come scelta radicale in tempi di caos e barbarie.

Presentato nella sezione Location Negata dell’ultima edizione dell’Ischia Film Festival, Obraz è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, perfettamente rappresentativo della condizione attuale, in una contemporaneità dove riecheggiano ancora conflitti, persecuzioni e silenzi colpevoli.

Il film si svolge nelle montagne del Montenegro, in una comunità albanese ai margini del fronte. Qui, un bambino cristiano, in fuga da un massacro perpetrato da una divisione delle SS, trova rifugio in una casa musulmana, quella di Nuredin Doka. L’elemento religioso diventa subito uno spartiacque tra la vita e la morte, sottolineando la fragilità dell’esistenza in un momento in cui l’identità può essere una questione di sopravvivenza.

L’onore contro la guerra: il dilemma del protagonista

Nuredin, capo famiglia rispettato e guida morale della comunità, si ritrova al centro di un dilemma tragico: consegnare il bambino ai nazisti, rinnegando il codice d’onore albanese che impone l’ospitalità e la protezione dello straniero, o rischiare la vita della propria famiglia per difendere il piccolo ospite. La casa viene assediata dalle truppe, mentre gli spazi della casa si restringono e il tempo incalza. La tensione cresce, ma ciò che pesa di più è il conflitto interiore che logora Nur: proteggere i suoi cari o salvare il valore del suo nome?

La vicenda si sviluppa nell’arco di 36 ore, a partire da un prologo denso che anticipa il destino dei personaggi. Ispirato a un episodio realmente accaduto a Gusinje, città montenegrina vicina al confine albanese, Obraz prende le mosse da un racconto breve scritto da Zuvdija Hodzic, accademico originario di quel territorio e legato alla vicenda da una memoria familiare diretta.

Il protagonista è interpretato da Edon Rizvanolli, attore kosovaro-olandese, che dona grande dignità al personaggio, un uomo solido e riservato, custode silenzioso di una legge antica ma profondamente umana. Accanto a lui, un cast internazionale proveniente da Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo. Tra questi spiccano Alban Ukaj (già visto in Tori e Lokita dei fratelli Dardenne), e l’intenso Selman Jusufi nel ruolo del padre di Nur, il saggio e spirituale Elez Doka.

Una “torre di forza” in un mondo in frantumi

Si tratta di un film compatto e misurato, che fa della classicità la sua forza. Vukčević adotta un linguaggio cinematografico solido e consapevole, che si rifà ai canoni del western e del film bellico senza mai indulgere nei cliché. La regia ha dei tratti costanti: una colonna sonora sempre presente di Dušan Maksimovski, l’enfasi sui valori tradizionali, la fotografia suggestiva di Đorđe Stojiljković, e un’attenta cura per i dettagli d’epoca, tra scenografie e location autentiche. Il montaggio, firmato da Olga Toni e dal regista stesso, restituisce un ritmo teso e coinvolgente.

E la “torre di forza” – da cui trae il sottitolo il film Tower of Strength è ciò che il protagonista costruisce con la sua famiglia: è uomo leale e coraggioso, che sceglie la vita anziché l’odio, l’onore anziché la vendetta, la responsabilità anziché l’ideologia. Accoglie in casa un bambino decidendo di difenderlo nonostante le minacce, anche da chi condivide la sua stessa fede e provenienza. Non sceglie la logica dello sterminio, ma la legge dell’umanità. Come gli ricorda suo padre in una delle frasi più potenti del film:

“Questo bambino che abbiamo accolto viene da Dio per vedere chi siamo.”

Una sentenza, questa, che suona come una prova morale per tutti noi. In tempi di guerra — allora come oggi — non esistono decisioni facili, ma esiste una scelta fondamentale: quella di restare umani.

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