La realizzazione che Io, cortometraggio selezionato per la 26° edizione di Maremetraggio, sia molto di più di un semplice susseguirsi di immagini, passa per una presa di consapevolezza relativa alla vita privata della regista.
Alessandra Salvoldi è una giovane scrittrice con la passione per le arti visive, a cui il mondo è crollato addosso quando si è scoperta un nodulo maligno al seno. Con la maturità di chi è in grado di trasformare le sfide più difficili in motivazione per la propria crescita personale, lasciandosi plasmare dal cambiamento invece che soccombere sotto il suo peso, Alessandra ha dato vita a 4 minuti catartici, trascinando lo spettatore in una foresta di nefaste metafore e simbolismi.
Alberi sospesi tra la vita e la morte
L’ambientazione onirica è sicuramente il grande punto di forza di Io, che ci viene narrato sullo sfondo di un fitto labirinto di tronchi longilinei. Tiepidamente illuminato da un basso sole crepuscolare, la sensazione che arriva allo spettatore è quella di trovarsi in una selva in bilico tra la vita e la morte, un luogo di confine dove lo scorrimento del tempo è soggetto a una stasi. È qui che transitano le varie forme di Alessandra, il suo Io frammentato che scalpita per rinascere, rifiutando la possibilità di smarrirsi in questo limbo.
Il mio Io è diventato cielo che non bagna, fuoco che non arde, aria che non rinfresca; terra maledetta.
Maledetto (e benedetto) il frutto del seno
La narrazione che ci guida in questo scenario ostile è la voce interiore della stessa Alessandra, le cui parole esplicitano i processi mentali che sta attraversando per mezzo di un flusso di coscienza poetico, pregno delle stesse metafore che abitano la foresta: melograni, merletti, tarocchi, corpi che si sovrappongono alla flora. Non è difficile capire a cosa si stia alludendo, eppure a ogni visione si coglie una sfumatura aggiuntiva.
La carne è maledetta, ma grazie all’umanità e alla cura possiamo re-immettere questo processo malsano in un ciclo vitale di rinascita. Alessandra si purifica al ruscello, si siede tra gli alberi, ed entra finalmente in sintonia con il suo destino.
Benedetto il frutto del seno mio che risorge…benedetta umanità, benedetta cura. Sette anni e le cellule si ricreano, un ciclo di vita, sette giorni e dio ha creato il mondo, sette secondi e non sono più la stessa.
Con la consapevolezza di non poter restituire in questa breve recensione l’entità degli stati d’animo che caratterizzano questo percorso, il consiglio agli interessati è quello di leggere la rubrica ‘Che sintomi hai?’ su Wired Italia, dove Alessandra tiene un diario della sua malattia.