Giornate della Luce
Le Giornate della Luce: intervista alla direttrice Gloria De Antoni
Il lavoro dell’autore della fotografia al centro delle Giornate della Luce a Spilimbergo.
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4 giorni agoon
Nella suggestiva cornice di Spilimbergo, il festival Giornate della Luce accende i riflettori, ormai da dieci anni, sulla figura del direttore della fotografia. La direttrice (insieme a Donato Guerra) e ideatrice Gloria De Antoni ha raccontato alla redazione di Taxidrivers storia e speranze di un festival peculiare. L’undicesima edizione si terrà a Spilimbergo (e non solo) dal 7 al 15 giugno 2025.
In dialogo con Gloria De Antoni
Le Giornate della Luce hanno ormai una storia decennale ma, tornando alle origini, da che bisogno nasce l’idea di realizzare un Festival capace di sottolineare l’importanza della figura del cinematographer, l’autore della fotografia? Sentivate la necessità di colmare una lacuna?
Le Giornate della Luce nasce a Spilimbergo perché quello del direttore della fotografia è un mestiere del cinema che viene festeggiato, premiato e rappresentato in moltissimi festival, però una vera e propria manifestazione a riguardo oggi non c’è. È un mestiere che è stato sempre un po’ sottovalutato. Spesso si pensa al fotografo di scena oppure allo scenografo, c’è confusione rispetto ai ruoli che non sono quelli del regista o dell’attore. Ecco perché ci sembrava giusto festeggiare l’autore della fotografia dedicandogli un festival.
I luoghi delle Giornate della Luce
Quanto è stata importante la città di Spilimbergo nella creazione delle Giornate della Luce?
Spilimbergo è una città fotografica. Innanzitutto, qui c’è l’Archivio CRAF, una fondazione che si occupa di conservazione e archiviazione della fotografia da ormai moltissimi anni. Inoltre, c’è stata anche una scuola fotografica tra gli anni Quaranta e Cinquanta ispirata al Neorealismo. Ci sono stati poi dei grandi fotografi Spilimbergo, come Gianni & Giuliano Borghesan. È una città che, come si dice, calza a pennello volendo fare un festival nato dalla passione mia e di Donato Guerra per il cinema. Portiamo avanti insieme il Festival ormai da undici anni, infatti festeggeremo con la presentazione del libro Luce e artigianato. Dieci anni di arte della fotografia e dei mestieri del cinema che ci è stato commissionato dall’Unione Artigiani di Pordenone. A tal proposito, ogni anno dedichiamo un premio a un artigiano del cinema, che può essere costumista, macchinista e così via.
Spilimbergo ha dato i natali alle Giornate della Luce, ma il Festival si articola anche in ulteriori città…
Soprattutto nell’Italia del Nord Ovest. Spilimbergo è il centro in un certo senso, ma a pochi chilometri abbiamo Casarsa della Delizia, terra di Pasolini. Uno dei luoghi deputati, quindi, è Pordenone, città delle Giornate del Cinema Muto, ma c’è anche Udine, dove si tiene il Far East Film Festival. Mi vengono in mente piccoli centri come Codroipo, ma anche Gorizia che nel 2025, tra l’altro, è Capitale europea della cultura. Ogni anno collochiamo lì qualche evento. Insomma, c’è il piacere di allargare i confini e di condividere: l’unico dispiacere è che a Spilimbergo non ci siano più tante location come prima. Una volta c’erano tre cinema. Il Miotto, che ancora prosegue grazie anche all’attività di Donato Guerra che da quarant’anni gestisce il cineclub, il Cinema Moderno e quello della parrocchia, dove di tanto in tanto facciamo delle piccole proiezioni. Per questo volevamo allargarci, affinché il pubblico potesse conoscerci attraverso i suoi luoghi e così arrivare da noi.
Professionisti sotto i riflettori
L’etimologia della parola “fotografia” rimanda a un’immagine meravigliosa, quella di scrivere (o disegnare) con la luce. Come fanno le Giornate della Luce a rendere omaggio e valorizzare coloro che sono in grado di scrivere con questo particolare inchiostro?
La scelta dei film da proiettare prevede sempre uno sguardo alla fotografia. È difficile che scegliamo un documentario di puro montaggio ma può capitare, ad esempio quest’anno abbiamo selezionato Ciao, Marcello – Mastroianni l’antidivo di Fabrizio Corallo in modo da richiamare un pubblico anche poco interessato alla fotografia. Ma l’attenzione a quello che ci riguarda nei film in concorso che io, Donato Guerra e Luca Pacilio – nostro valido collaboratore da alcuni anni – selezioniamo c’è sempre. Le scelte che facciamo vengono realizzate in base alla fotografia perché poi saranno quei film a essere premiati. Dopodiché, la cosa fondamentale è che noi accogliamo gli studenti: dal mercoledì alla domenica sarà a Spilimbergo più di una quarantina di studenti provenienti da alcune scuole italiane, ad esempio il Centro Sperimentale, ma anche da città come Barcellona, Bilbao, Lubiana, Belgrado, Monaco, Praga e diverse altre. Gli studenti avranno la possibilità di seguire una serie di masterclass con registi e direttori della fotografia e questo è il fulcro delle giornate. Nel corso delle lezioni abbiamo avuto eccellenti e docenti, ad esempio Gianni Amelio e Dante Spinotti, il nostro corregionale candidato ai premi Oscar per L. A. Confidential.
Distinguersi nel mondo dei festival cinematografici
I festival cinematografici sono tantissimi e individuare un’identità in ognuno di loro è difficile. Una via può essere quella di gettare luce su professionalità troppo spesso lasciate dietro le quinte? Si tratta di una scelta coraggiosa perché tendiamo a pensare al festival come a un momento in cui ci si limita a riconoscere la bravura di un regista e del suo cast…
Questa è una prospettiva puntuale. Molti festival – e non lo dico come un vanto, abbiamo noi stessi dei limiti – puntano sul grande ospite, soprattutto il grande attore capace di attirare il pubblico. Noi, però, non siamo un festival dei grossi nomi, bensì un altro tipo. Optiamo per utilizzare i fondi disponibili in altro modo, riconoscendoci il lavoro fatto in questi anni perché siamo partiti quasi dal nulla e preferiamo spenderli per accogliere con senso di gentilezza i nostri ospiti: ci interessa moltissimo trattarli bene e portarli a vedere le cose belle di Spilimbergo e anche dei dintorni, come Aquileia, Udine e delle montagne. Noi prediligiamo questo rispetto al resto. Credo che sarebbe difficile dedicare un intero festival a determinati artigiani del cinema perché non ci sarebbe un grande appeal ma, allo stesso tempo, non penso affatto che i nomi che girano siano utili a farsi conoscere. Sì, forse attirano il pubblico locale, ma non credo che serva questo a farsi riconoscere la serietà e, dico una parola che si usa spesso ma non mi piace troppo, la professionalità da parte di chi questo Festival si sforza di farlo vivere.
L’investimento nei giovani
Le Giornate della Luce pongono l’accento sul passato e sul presente del cinema attraverso professionalità che hanno lavorato e tuttora lavorano nell’ambito della fotografia ma, come ha già anticipato, guardano anche avanti grazie alla partecipazione di giovani che potrebbero essere futuri autori della fotografia. È questo uno dei grandi motori che vi porta ad andare avanti anno dopo anno?
Noi ci speriamo tanto. I ragazzi che vengono sono molto schietti nel far sapere quali sono le cose che li hanno interessati di più e, soprattutto, quali di meno. Noi abbiamo anche provato a farli partecipare a degli eventi, chiamiamoli così, che non sono mirati alla fotografia – ad esempio, abbiamo fatto venire Renzo Musumeci Greco, maestro di scherma proveniente da generazioni di schermidori, a fare una lezione sul duello al cinema – però gli studenti hanno fatto sapere che non vogliono uno svago. È vero che a loro piace moltissimo, per esempio, mettere i rispettivi lavori a confronto e sono ben felici di festeggiare insieme l’ultima sera, ma ci tengono soprattutto a investire in questi cinque giorni che passano da noi con un lavoro molto serio. L’anno scorso c’è stata, seppur a distanza, la masterclass di Vittorio Storaro: i ragazzi avevano preparato delle domande e, al momento di alzarsi per farle, addirittura tremavano.
Questi giovani studiano solo questo, la fotografia, quindi sono estremamente interessati a questa materia perché bisogna averla scelta per dedicarcisi così. I ragazzi che vengono da noi sono proprio appassionatissimi, vogliono sentire quelle cose e ne sono incuriositi. Vanno via da Spilimbergo molto contenti, quindi pensiamo che quello che gli offriamo e che riusciamo a fare li soddisfi.
Non resta che accorrere numerosi a questo piccolo grande Festival il cui interessante e nutrito programma è disponibile qui.