Uscito su Netflix il 28 marzo, La lista dei miei desideri riporta in catalogo il genere romcom con una sfumatura drammatica e di crescita personale. Diretto da Adam Brooks– che di commedie romantiche ne sa qualcosa (Certamente, forse) – e con protagonistaSofia Carson, ex volto Disney ormai volto fisso delle romcom Netflix (Purple Hearts), affiancata da Connie Britton.
Il film si propone di accompagnare lo spettatore in un viaggio tra amore, ricerca di sé e superamento del lutto. Ma riesce davvero nel suo intento?
‘La lista dei miei desideri’: un viaggio alla riscoperta dei sogni d’infanzia
La protagonista del film è Alex (Sofia Carson), una giovane donna intrappolata in una vita che non le appartiene. La sua esistenza viene sconvolta dalla scomparsa della madre, Elizabeth (Connie Britton), a causa del ritorno di una malattia. Durante la lettura del testamento, Alex scopre che la madre le ha lasciato una missione da compiere prima di poter ricevere l’eredità: realizzare i desideri che aveva scritto in una lista quando aveva tredici anni.
Inizialmente riluttante, Alex decide di accettare la sfida, un po’ per sentirsi più vicina alla madre, un po’ per riscoprire se stessa. Questo percorso la porta a compiere scelte e vivere esperienze che aveva accantonato: esibirsi in uno spettacolo di stand-up comedy, riscoprire la passione per l’insegnamento, fare un tatuaggio, riconciliarsi con il padre. Ogni esperienza la costringe a confrontarsi con il passato, portando a galla segreti familiari e paure, e l’aiuta a capire chi vuole essere in futuro.
Ad accompagnarla in questo viaggio c’è Brad (Kyle Allen), giovane avvocato incaricato di gestire il testamento di Elizabeth. Il loro rapporto evolve da una certa diffidenza iniziale a una complicità sempre più profonda.
Il vero obiettivo della lista non è spuntare i desideri adolescenziali, ma permettere ad Alex di riscoprire quella parte di sé che aveva messo da parte per inseguire una vita che non le apparteneva davvero.
Una romcom che perde il tocco della romcom
A prima vista, il genere romcom può sembrare semplice e ripetitivo, ma raccontare una storia d’amore richiede un equilibrio delicato tra ironia, emozione e tensione narrativa. Gli ingredienti di una buona commedia romantica sono chiari: intesa tra i protagonisti, un incontro memorabile, dialoghi brillanti, ostacoli credibili, personaggi secondari ben caratterizzati, una colonna sonora coinvolgente e almeno una scena iconica.
Ne La lista dei miei desideri, però, qualcosa manca. L’ intesa tra Alex e Brad è presente, ma non esplode mai davvero. Fin dall’inizio è chiaro che lui sarà il suo interesse amoroso, ma il loro rapporto si sviluppa in modo meccanico: prima sono in conflitto, poi confidenti, infine innamorati, senza una vera costruzione del sentimento. Non c’è quello slow burn che fa affezionare il pubblico alla coppia.
Anche il loro primo incontro è tutt’altro che memorabile: una riunione legale per la lettura del testamento, circondati dai fratelli di Alex, in uno studio con vista sull’Empire State Building (che forse è l’unico elemento scenico degno di nota). I dialoghi sono spesso scontati e superficiali, senza quella scintilla che rende il genere davvero coinvolgente.
Gli ostacoli al loro amore? Non sono ben definiti. La lista dei desideri? La famiglia di Alex? Le sue insicurezze? O il fatto che entrambi sono già impegnati sentimentalmente per buona parte del film? Senza una vera tensione narrativa, la storia scorre senza particolari sorprese. Anche i personaggi secondari, che dovrebbero aggiungere colore e dinamismo, risultano spenti e poco presenti. E su scene iconiche e colonna sonora meglio sorvolare: sono praticamente inesistenti.
Un viaggio interiore raccontato senza profondità
Al centro de La lista dei miei desideri c’è il percorso di crescita di Alex, un’idea che avrebbe potuto funzionare. Molti giovani, infatti, si trovano a dover accantonare i propri sogni per necessità o insicurezza. Il problema è che questa trasformazione è raccontata in modo poco coinvolgente.
Le “missioni” della lista non vengono approfondite: Alex passa da un’esperienza all’altra senza un vero sviluppo. All’improvviso la vediamo su un palco di stand-up comedy con battute poco riuscite, oppure immersa nella lettura di Moby Dick in metropolitana. Alcuni desideri vengono solo accenna. Il film si limita a ripetere più volte quanto Alex si senta “cambiata”, senza renderci veramente il suo percorso interiore. Non vediamo i suoi dubbi, le sue paure, le sue emozioni mentre affronta le sfide della lista.
Gli spunti più interessanti riguardano il rapporto con il padre, che la costringe a confrontarsi con il passato, e la riscoperta della passione per l’insegnamento, che le permette di comprendere quale direzione voglia dare alla sua vita. Tuttavia, anche questi aspetti vengono trattati in modo frettoloso. Sarebbe stato più efficace concentrarsi su pochi desideri e approfondirli realmente, piuttosto che elencarli in modo frammentario.
‘La lista dei miei desideri’: un film dimenticabile
Con una durata di oltre due ore, La lista dei miei desideri non riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore. Mancano quasi tutti gli ingredienti fondamentali di una romcom riuscita: la complicità tra i protagonisti è debole, i dialoghi piatti, i personaggi poco approfonditi.
Lo spettatore rischia di distrarsi, senza sentirsi mai davvero coinvolto. È una visione leggera, da affrontare senza aspettative. Insomma, un film che non lascia il segno.