How to be a human being: sentimenti umani a distanza allo ShorTS film festival 2023.
In occasione della XXIVesima edizione dello ShorTS international film festival a Trieste, promosso dall’associazione Maremetraggio; tra gli obiettivi e le speranze dello ShorTS conoscere e promuovere il cinema giovane italiano e internazionale, ma anche il mondo dei cortometraggi. Tra i titoli, il 2 luglio è prevista la proiezione di How to be a human being (KAIP BŪTI ŽMOGUMI) di Jorė Janavičiūtė, in lingua lituana sottotitolato in inglese. Il corto è prodotto da Kino metropolis e Dansu films
How to Be a Human Being: l’incontro.
In un hotel dove si svolge una conferenza, Simone (Gelminė Glemžaitė) re-incontra Mantas (Giedrius Kiela), una vecchia conoscenza adolescenziale: lei, dottoranda, si trova lì per dare una mano con l’organizzazione, lui per presentare i suoi lavori con le protesi ortopediche. I due hanno adesso trent’anni, o giù di lì, svolgono le loro nuove vite da adulti; presto capiamo che non hanno da condividere solo ricordi troppo lieti. Ogni dubbio decade quando lei pronuncia una parola, forse annunciata dal suo volto e i suoi gesti chiusi e spaventati: stupro. Un’occasione di apparente confronto farà riemergere alcuni fraintendimenti passati percepiti in maniera diversa dalle due parti.
Questi 15 minuti della pellicola si svolgono soprattutto negli interni dell’hotel; i movimenti di macchina che si susseguono lo fanno apparire alle volte molto grande, alle volte angusto e ristretto, soprattutto quando la conversazione si sposta in una stanza e diventa un faccia a faccia tra la donna e l’uomo. In How to be a Human Being vediamo l’incontro tra Simone e il rappresentante di protesi, ma non arriviamo subito a comprendere il rapporto che li lega o che li ha legati in passato.
Non ti ricordi cosa è successo a Piazza Marcius
Da una scena collettiva e formale della sala conferenze si passa agli stretti corridoi in moquette delle stanze d’hotel e i personaggi si restringono a due: Simone appare una ragazza molto impaurita dalla vita e dalle nuove esperienze, quasi bloccata: ha voglia di lanciarsi verso l’avvenire, anche con i suoi studi di dottorato, eppure Gelminė Glemžaite trasmette un sentimento di paura e insicurezza che condensa in pochi gesti e espressioni. L’incontro e lo scontro in una camera ci fa capire perché: durante la loro passata relazione Simone si è sentita abusata e Mantas non sembra essersene reso conto.
Forse potresti chiedere a una donna se vuole.
Forse una donna può dire di no.
Lasciar entrare
Ancora una volta l’impostazione scenografica e i movimenti di macchina accompagnano con immagini visive il significato profondo delle parole pronunciate, poche ma ben pesate grazie a una sceneggiatura asciutta ma intensa (sempre firmata da Jorė Janavičiūtė): Simone apre letteralmente la porta in cui aveva chiuso il suo “aggressore”, o la porta in cui aveva rinchiuso sé stessa per timore e paura.
Nonostante i traumi e le ferite aperte, How to be a Human Being dà il via a una nuova possibilità; un dialogo apparentemente forzato dalle circostanze (i due rimangono bloccati nella stanza) non sembra cambiare la vita, ma quantomeno chiarire fatti del passato per consentire di andare avanti nel presente, in maniera autonoma.
«Lasciami entrare», chiede l’uomo quando lei si chiude dentro letteralmente in una stanza, come metaforicamente si era chiusa in un periodo abbastanza longevo.
Nessuno che guarda da fuori può stabilire cosa di fatto avviene sul corpo di un altro, e come da esso viene percepito: il significato è sempre personale, come per anni lo era stato per Simon e Mantas; due ricordi differenti di quello che è accaduto. E quando lui vuole mostrarle come anche lei abbia raggiunto diversi risultati, stia svolgendo un dottorato, abbia davanti a se un nuovo futuro, la donna dice di sentirsi ancora bloccata ed in difficoltà dal punto di vista emotivo, forse proprio per quello che era successo in piazza Marcius, ormai tempo fa.
Questa violenza c’è stata davvero? Dalla parte di chi è la ragione? Il resoconto di quello che è successo esiste solo tra le parole di confronto tra i due protagonisti, in maniera molto scenografica: il bianco e nero dei loro abiti spezza i toni caldi e le luci tenui (tipiche degli interni degli alberghi). Simone decide di “aprire la porta”, di uscire da quella stanza in cui aveva rinchiuso le sue paure e le sue incertezze in cerca di un dialogo, dopo anni silenzi e reticenze uscirà da quel tunnel insieme all’uomo con cui vi era entrata.
Sarebbe bello se fosse sempre così.
Taxi drivers è media-partner dello ShorTS International Film Festival, dal 1 all’8 luglio a Trieste. Qui il programma completo.