Presentato nella sezione Panorama del 26° Festival CinemAmbiente di Torino, The Illusion of Abundance è un viaggio doloroso in un’America latina misconosciuta ai più, con carrellate aeree che possano percorrere la vastità di lande incontaminate e selvagge oppure, all’opposto, la barbara invasione territoriale da parte di colossi industriali. Se la macchina da presa può anche sorvolare su scorci urbani modernissimi, resta salda tuttavia al racconto orale dei combattenti, alla denuncia diretta e determinata di piccoli Davide contro Golia. Scriveva Bertolt Brecht:
È triste il paese che ha bisogno di eroi.
È la tristezza, carica però di speranza e di dignità, di un reportage girato con sguardo partecipe ma lucido, di fronte a una vera colonizzazione nel secondo decennio del XXI secolo, qui paragonata alle razzie dei conquistadores del Cinquecento, non senza forzata iperbole, perché The Illusion of Abundance racconta contestazioni civili pacifiche che grondano violenza e sangue per mano delle forze dell’ordine e degli usurpatori (il documentario è dedicato ai più dei duemila ambientalisti assassinati negli ultimi vent’anni) .
Storie di donne in rivolta
Perù
La prima storia esaminata da Erika Gonzalez Ramirez, giornalista femminista, e Matthieu Lietaert, scrittore e attivista, vede protagonista Máxima Acuña, agricoltrice peruviana della regione di Cajamarca, in lotta contro la compagnia mineraria Yanacocha, in mano alla Newmont Corporation. Máxima e la sua famiglia fin dal 2011 si sono opposte all’appropriazione dei loro campi (necessari per coltivazioni e l’allevamento) da parte dell’azienda tesa a ricavarvi una miniera d’oro a cielo aperto.
Oltre alle molestie che i suoi famigliari hanno dovuto subire dopo illecite irruzioni domestiche, la resilienza di Acuña è diventata anche simbolo della forza e dell’opposizione di centinaia di militanti perseguitati da campagne diffamatorie e trascinati da imputati in cause legali intimidatorie: tra il 2015 e il 2016 l’agricoltrice infatti fu accusata da Yanococha di essere “occupante abusiva”, in un processo che nel maggio del 2017 ha visto una sospensione del procedimento nei suoi confronti, grazie al sostegno di migliaia di difensori dei diritti civili.
Honduras
Una voce in absentia, potentissima e rievocata da chi le fu vicino, è quella di Berta Cáceres, che in Honduras si oppose con diverse associazioni ambientaliste alla costruzione di dighe, alla deforestazione e ad altri progetti industriali minacciosi per l’ecosistema, difendendo i diritti della popolazione indigena Lenca. Tra il 2013 e il 2014 i manifestanti coadiuvati da Berta subirono molestie e furono vittima di incidenti e azioni militari. Come Maxima, anche lei subì intimidazioni, minacce e processi come fomentatrice di rivolte anarchiche, fino all’omicidio avvenuto nel 2016.
Il 2 marzo 2016 la donna venne trucidata nella propria abitazione per mano di ignoti; secondo la figlia fu un crimine su commissione da parte di uomini di alti apparati economici, non rari in un paese come l’Honduras dove si perpetua l’impunità per i potenti.
Un ritratto di Berta Cáceres
Brasile
Altrettanto inquietante e allarmante il disastro provocato in Brasile dalla multinazionale Vale S.A., uno dei più importanti gruppi minerari al mondo, responsabile del crollo della diga Brumadinho nel gennaio 2019, con effetti devastati sulla natura e sulla popolazione, tra cui la distruzione di abitazioni e la morte di 270 persone, nonostante documenti top secret rivelino che l’azienda fosse a conoscenza dei rischi. Come narra alla macchina da presa Carolina De Moura Campos, attivista locale di cui il montaggio propone un appassionato e trascinante intervento di denuncia al Parlamento brasiliano:
Tagliare i costi sulla sicurezza e incrementare la produttività ponendo la comunità e i lavoratori a rischio: è una deliberata strategia per produrre molto e spendere poco. Se la gente muore, a loro poco importa.
Quale futuro possibile?
Con una voce narrante ferma e coinvolta che indaga e interviene a commento delle verità di testimoni e protagonisti, The Illusion of Abundance, attraverso un taglio enunciativo didascalico ma illuminante, rievoca crimini ambientali, violazione dei diritti umani, silenzi istituzionali, corruzione governativa, sovente raccontati per frammenti isolati dai media europei o accolti come rumori di sottofondo, ancorandosi alla forza esplicativa delle immagini, ma anche alla voce di insofferenza e sete di giustizia di singoli ecologisti in nome di una comunità impegnata.
A chiusura di questa incursione latinoamericana tra tragedia e bellezza, tra campi lunghi di distruzione e squilibrio e, dall’altra parte, piani d’ascolto sul miglior futuro possibile di resistenza e salvaguardia collettiva (non casualmente qui sotto la guida delle donne), la regia riserva un apologo di interrogativi sull’indifferenza complice delle potenze occidentali e su quell’illusione malata e perversa di sacrificio territoriale perpetuo che dà il titolo al documentario. Sullo sfondo un monolite di speranza: un murale con il volto di Berta la cui lezione di lotta civile sopravvive e continuerà tra noi.