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Conferenza stampa con il regista premio Oscar Alexander Payne per il film “Paradiso Amaro (The Descendants)”

A cura di Manuela Materdomini

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Dal regista Premio Oscar Alexander Payne, un film ambientato nelle isole Hawaii, che racconta le imprevedibili vicende di una famiglia americana che si trova a un bivio. Quando sua moglie entra in coma in seguito ad un incidente in barca al largo di Waikiki, Matt King (George Clooney), padre di due figlie, dovrà riesaminare il proprio passato e affrontare gli imprevisti del futuro. Rimasto solo, cercherà di ricucire il rapporto con le figlie, la matura Scottie (Amara Miller) di 10 anni e la ribelle Alexandra (Shailene Woodley) di 17, dovendo allo stesso tempo decidere se vendere o meno la terra di famiglia, una striscia di spiaggia tropicale di inestimabile valore, che la famiglia King ha ereditato dai reali hawaiani e dai missionari.

Quando Alexandra rivela al padre che la madre, al momento dell’incidente, si trovava con il suo amante, Matt inizia a riflettere sulla sua vita e capisce che deve darle una svolta. Insieme alle due figlie intraprende un viaggio avventuroso alla ricerca dell’amante della moglie, durante il quale inizierà a ricostruire la sua vita e la sua famiglia.

Il film e il protagonista hanno vinto il Golden Globe 2012 e hanno ricevuto nominations ai BAFTA e dalla Director Guild of America.

Paradiso amaro uscirà in in Italia il 17 febbraio 2012 distribuito dalla Fox.

Il film di Payne ha ricevuto delle nomination agli Oscar e alla domanda di un giornalista che chiedeva se si aspettasse di riceverle, il regista ha risposto che non se le aspettava, ma sospettava che gliele avrebbero assegnate, dal momento che ha ricevuto comunque un Golden Globe, che in genere costituisce un indicatore del fatto che probabilmente arriverà una nomination per gli Oscar.

È felice di essere candidato insieme con grandi registi come Woody Allen, Martin Scorsese, Terrence Malick, Michel Azanavicius. Racconta che prima della cerimonia degli Oscar, in genere, i registi si incontrano per dei simposi realizzati per il pubblico in cui si scambiano delle idee. È molto ansioso di prendervi parte, anche se sospetta, e lo afferma con tono ironico, che Woody Allen e Martin Scorsese non saranno presenti. Un altro giornalista mette in evidenza come lui, nelle sue storie, racconti sempre degli eventi molto drammatici e difficili e che poi scelga di far confrontare i personaggi creati con queste storie. Gliene domanda la ragione. Alexander risponde che tutti i migliori romanzi, i più straordinari racconti, i più bei film sono incentrati su persone comuni che vivono eventi drammatici. In effetti, dalla tragedia di Edipo in poi, la condizione dell’essere umano è drammaticamente caratterizzata da eventi difficili che l’uomo deve fronteggiare. Comunque Payne ribadisce di aver scritto e diretto anche delle commedie e si ritiene fortunato per aver avuto l’opportunità di lavorare con grandi attori della levatura di Jack Nicholson, il quale, nel lavoro con lui, sembra esprimere il proprio meglio. Gli chiedono come faccia. Alexander spiega di richiedere ai propri attori di interpretare i ruoli assegnati con una quota di realismo che sia a servizio della storia da raccontare, provando ad uscire dai soliti personaggi che vengono cuciti loro addosso in quanto attore-star e mettendo da parte tutta la dimensione dell’essere un attore di fama mondiale, spesso oggetto di gossip.

A proposito di realismo, un giornalista nota che il suo modo di fare cinema è moderno e classico al contempo e il regista risponde di amare i film classici, soprattutto quelli realizzati entro gli anni Ottanta, e di ritenere che il cinema classico possa essere apprezzato da tutto il pubblico. Più che lo stile adottato da un regista, secondo Payne, però, contano la sincerità e l’efficacia nell’adottare uno stile piuttosto che un altro. Lo stile di un regista in genere è molto influenzato anche dalle origini culturali dello stesso. In ogni caso si vuole cimentare in futuro con film diversi e forse il suo stile cambierà. Alla domanda: “Come è stato girare il film alle isole Hawaii?”, il regista americano di origini greche risponde di aver scelto quella cornice scenografica principalmente per due ragioni: la prima è che il posto è molto bello e poter vivere lì per otto mesi, il tempo impiegato per girare il film, ha costituito un’esperienza preziosa che gli ha consentito di scoprire che gli abitanti di queste isole sono organizzati in un tessuto sociale e culturale assolutamente unico. Si tratta di un posto molto sui generis i cui abitanti sono profondamente coscienti delle proprie radici culturali e delle proprie origini. La particolarità del territorio, secondo Payne, risiede soprattutto sul fatto che in esso coesistono un’anima profondamente provinciale, dato che le isole sono molto distanti dal continente, ed un’anima assolutamente cosmopolita, nutrita dalle centinai di migliaia di visite che ogni anno le isole ricevono da parte di turisti provenienti da tutte le parti del mondo.

Uno dei temi principali del film è l’eutanasia, gli viene chiesto da dove sia nata questa scelta, quale sia la sua idea a riguardo e se fosse a conoscenza dell’animato dibattito che ha preso corpo in Italia su questo tema intorno alla storia di Eluana Englaro. Risponde che non lo sapeva e che negli USA il testamento biologico è una pratica accettata. Pensa che magari il suo film in Italia possa favorire un ulteriore dibattito sul tema e promuovere una riflessione. Interrogato anche sulla morte del regista greco Angelopoulos, si dice molto dispiaciuto e racconta che Kurosawa un giorno ha detto: “Spero che la mia morte avvenga mentre sto girando un film”, ed è questo che è successo ad Angelopoulos. Payne racconta che una volta Angelopoulos gli aveva detto: “Continua a girare film e un giorno il tuo nome sarà associato a quelli di Elias Kazan e John Cassavetes. Infine un giornalista gli chiede se dopo la visita a Cinecittà non abbia provato il desiderio di girare lì un film ed il regista risponde di sì, che sarebbe un sogno.

Manuela Materdomini

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