Dal 13 al 15 settembre 2021 si svolgerà, a Cosenza, la quinta edizione del Laterale Film Festival. Un festival internazionale non competitivo di arte cinematografica che si pone, come obiettivi primari, la condivisione e la curiosità per l’attività artistica “laterale” al cinema convenzionale.
Incursioni nella bocca del cratere con uno dei curatori del festival: Mattia Leo.
Una scommessa e un puntiglio: la scommessa è quella di raccogliere i migliori film brevi contemporanei e di offrirli gratuitamente al pubblico così da favorirne la fruizione; il puntiglio è quello di sempre, cioè voler costruire una cattedrale in una città cratere.
Il Laterale Film Festival sembra avere la necessità di scandagliare le possibili contaminazioni tra le differenti aree della creatività. Un esempio lampante è nella novità di questa edizione: la sezione espositiva. Perché e attraverso quali sentieri siete arrivati a questo ulteriore aspetto del linguaggio visivo?
Osserviamo da anni l’operato di filmmaker che fanno dell’ibridazione un campo di studio, valorizzando contaminazioni di ogni sorta (utilizzo di materiali avulsi, tecniche pittoriche, prestiti da altre sfere del fare). Ad esempio, alcuni film in programma potrebbero apparire più vicini alla video-arte che al cinema comunemente inteso; il fatto è che il confine è troppo labile per essere stabilito.
Probabilmente non esiste nemmeno un cinema comunemente inteso; esistono però dei cavilli mentali (dei cavilli da soma) che ostacolano quella facilità di associazione tipica del pensiero, quella capacità di trarre un astro da un sasso.
Per quanto riguarda la sezione espositiva, era una tentazione che coltivavamo da tempo: allargare il festival dai lati offrendo un’esperienza fruitiva che non si limiti alla semplice visione dei film, ma che suggerisca di rivolgere lo sguardo altrove. L’immagine è quella di un cinema come architettura senza tempi morti, che prima delle proiezioni non sia sala d’attesa e al termine non sia punto di fuga.
Lustro è il tema su cui vi siete concentrati nella parte espositiva di questo festival. Quale declinazione descrive meglio questo concetto?
Abbiamo intitolato la mostra Lustro perché troviamo sia un lemma fortemente ambiguo. Lustro come il periodo di cinque anni che andiamo a completare; lustro per far luce sul cinema contemporaneo. Ma c’è qualcosa di più. Forse l’idea della luce che dà sostanza alle immagini; forse quella luce che proietta in sala delle strane visioni. In lustro è nascosto un enigma, una luce affatto chiarificatrice.
Il foyer del Cinema San Nicola ospiterà le pagine abrase di Mattia Leo e le istallazioni sonore di Remo De Vico. Come dialogano tra loro queste due forme linguistiche?
Sia le istallazioni sonore che le abrasioni si ispirano ai titoli delle tre serate: Astro, Imo e Lustro. Se vogliamo individuare il punto di maggior contatto, direi questo: Remo De Vico ha campionato il rumore di un cacciavite che gratta una superficie, alludendo così alla tecnica per abradere i testi. Questo rumore di erosione è diventata la chiave di volta del brano Imo.
La formula utilizzata dal Laterale Film Festival è nell’assenza dell’aspetto competitivo. Quali sono gli elementi su cui si basa la selezione per questa edizione?
La competizione rende qualsiasi discorso infantile. A noi interessa alzare il livello perché siamo furiosi per l’inanità del presente. Non abbiamo dei criteri di selezione specifici. Non facciamo alcun discrimine tra opere narrative, anti-narrative, film costosi, low budget o no budget. Abbiamo un gusto ben definito e delle proposizioni filosofiche che ci fanno scommettere su alcuni film e diffidare di altri. Però il momento più bello è quello in cui arriva il film di un minuto che sovverte tutte le nostre sovrastrutture.
Se volessimo condensare il festival in un aggettivo, quale potremmo utilizzare?
“Laterale” è l’aggettivo che abbiamo attribuito ai film del festival. Non sapendo come altrimenti definire quel modo di pensare e agire – e non potendo pronunciare la parola sperimentale visto che in Italia si porta dietro tutta una serie di preconcetti e malumori –, abbiamo stabilito che quei film fossero laterali, poiché sorti a margine di un corpo in putrefazione. Ma scegliere laterale come aggettivo sarebbe poco laterale. Preferirei invece “voraginoso”, perché nelle cavità – nell’imo – si annida il pensiero.