L’ultima edizione del RIFF (Rome Independent Film Festival) ha visto l’Argentina decisamente sugli scudi, a conferma della stagione creativa così vitale che sta attraversando, già da un po’, tale cinematografia. Per la sezione Lungometraggi del festival svoltosi, a Roma, dal 28 novembre al 3 dicembre 2017, ha difatti vinto il film argentino A Winter to Remember di Cecilia Valenzuela Gioia, con una motivazione in cui si legge, tra l’altro “…perchè la regista ha diretto un bellissimo film che ha un potente immaginario, una forte recitazione, dialoghi e personaggi che ci portano nel mondo di una giovane donna (interpretata dalla stessa autrice) che lotta per comprendere se stessa. Il film ci conduce all’interno di una vita e la grande rivelazione è stata il modo attraverso cui il personaggio trova la sua dimensione nel mondo. Questo è ciò che ci ha colpito in modo profondo”.
Citare A Winter to Remember, prima di entrare nel merito di Cetàceos, ha senso non solo per via di un’identica provenienza geografica, ma anche perché in entrambi i casi abbiamo di fronte giovani registe esordienti (assieme alla venticinquenne Cecilia Valenzuela Gioia vi è quindi da segnalare ed elogiare Florencia Percia, che oltre ad aver studiato regia alla “Universidad de Cine” di Buenos Aires ha già all’attivo diversi cortometraggi) capaci di interpretare con sottigliezza certi stati d’animo femminili indubbiamente problematici. Ecco, quest’altro lungometraggio frutto peraltro di una coproduzione italo-argentina, Cetàceos, lo si potrebbe definire proprio così, come un film di stati d’animo, di emozioni sospese, di rapporti sentimentali irrisolti che ristagnano in una sorta di limbo. La peraltro flebile traccia narrativa ha origine dalla temporanea separazione, che la coppia stessa affronta all’inizio senza eccessive preoccupazioni, tra Clara e Alejandro; lui è destinato a compiere un lungo viaggio, che per motivi professionali lo porterà in Italia; mentre Clara si è riproposta, a sua volta, di aspettarlo in una nuova casa ancora da arredare e in un ambiente per lei del tutto nuovo. Peccato, però, che il suo uomo non saprà colmare la distanza creatasi, facendosi sentire di rado e in pratica solo per farsi vanto dei propri successi lavorativi. In questa precaria situazione emotiva alla sconsolata Clara non resterà altro che affrontare la noia, nonché un crescente disagio, cercando altrove qualche nuovo stimolo…
Quello diretto da Florencia Percia è il classico film in cui i silenzi pesano più delle parole, in cui non è tanto lo sviluppo della narrazione a contare, quanto piuttosto il delinearsi di un mood prevalente. Si può dire, anzi, che quei dialoghi un po’ verbosi in cui le nuove conoscenze della protagonista fanno uscir fuori fastidiosamente certi pensieri e comportamenti, dalla chiara matrice radical chic, siano gli elementi più deboli e risaputi della narrazione. Mentre l’osservazione muta di tali contesti antropologici o degli stessi ambienti naturali, con questi ultimi tesi a caratterizzare in modo straniante il taglio visivo del film, da parte di una protagonista impersonata peraltro con intensità adeguata, corrispondono invece ai momenti in cui la poetica di Cetàceos si afferma esibendo maggior personalità e qualche valido spunto su cui riflettere.