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Approfondimento

‘Sapore di mare’, i Vanzina e la nostalgia del passato

Torna restaurato in 4k un classico dell’estate italiana al cinema

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Sapore di mare

Sapore di mare è non solo leggerezza e divertimento, ma anche un modello cinematografico di costruzione della nostalgia.

Dagli anni del boom economico e della nostra trasformazione in spettatori di massa (di cinema e tv), i nostri ricordi personali si legano inestricabilmente a immagini non nostre. Da un lato associamo a oggetti (anche volutamente rievocati dalla pubblicità) fasi e momenti della nostra vita, dall’altro, alcuni film come Sapore di mare, creano sentimenti di nostalgia legati anche a situazioni non vissute, ma osservate nelle vite degli altri al cinema.

La nostalgia è stata trasformata da impulso meramente personale a sociale e generazionale. Musiche, film, cartoni animati, merci (le più varie) diventano il gioco della regressione collettiva, identificano un gruppo d’età, rievocando, con struggimento divertito o malinconico, anni passati.

Il cinema italiano ci ha giocato con le raffinatezze di Federico Fellini, prima che una vera e propria ondata di film generazionali arrivasse dagli Stati Uniti (un titolo esemplificativo su tutti American Graffiti, su un’ideale gioventù americana del recente passato). Negli anni ’80, in Italia, il filone giovanilista e quello nostalgico trovano un’epocale convergenza in Sapore di mare (1983), che inaugurò ufficialmente quel ritmo della nostalgia nella regola dell’evocazione dei vent’anni prima (di solito la generazione dei quarantenni che raggiunge il protagonismo sociale rievoca la giovinezza dei propri vent’anni), iniziando anche una mitizzazione degli anni ’60 che non avrà mai fine.

Sapore di mare

Le ragioni del ritorno così pervasivo a quegli anni (anche in tv, del 1984 è Bandiera gialla, poi un susseguirsi senza soluzione di continuità fino ai nostri giorni) sono anche di matrice storico-politica: l’ottimismo socialista dell’Italia craxiana vedeva negli anni del boom economico il suo specchio ideale e, nella descrizione delle estati rappresentata in Sapore di mare, un simbolo del disimpegno ideologico e politico, nostalgicamente vagheggiato. Già, infatti, perché quali anni ’60 sono rievocati in Sapore di mare? Il film è ambientato nel 1964, sulle spiagge di Forte dei Marmi, e mette in scena gli amori estivi giovanili di una generazione pre-contestazione, seguendo il ritmo delle canzoni più in voga nella prima metà dei ’60. L’epoca rappresentata dai Vanzina esula da ogni conflitto o pensiero politico, è «l’estate al quadrato, il prototipo dell’estate – e in effetti, dal punto di vista dei consumi, l’estate come la intendiamo noi (vacanze di massa, consumi giovanili separati da quelli degli adulti, canzoni ad hoc) nasce proprio allora»[1]. È un recupero del passato che scarta completamente la storia e la mette al servizio di un tempo del disimpegno. Del resto, la nostalgia è sempre escapismo, fuga dalla realtà. Più un ritratto ideale di una possibile giovinezza (come, del resto, faceva già American Graffiti) che una fotografia di quegli anni. L’estate è la giovinezza, gli anni ’80 del finale un ulteriore rimpianto sul «come eravamo».

Lapidario è stato il giudizio, sin dall’uscita di Sapore di mare, da parte di intellettuali come Goffredo Fofi: «Il problema è quando c’è solo questo e Il cielo in una stanza diventa filosofia, morale e Gino Paoli-pensiero. Si rimuovono gli anni della messa in crisi delle sicurezze (dal ’68 al 1979) e, come è di ogni restaurazione, si esalta […] un’”epoca d’oro” […]. E questa cultura è fatta di canzonette, letture affrettate e modaiole, esperienze superficiali che si credono percorsi individuali e risultano, affiancati, tremendamente comuni e conformisti.

In definitiva, una foto significativa di una fetta consistente della nuova classe dirigente vien fuori bene da questo campionario tuttavia rappresentativo della definitiva presa di potere della cultura piccolo-borghese, col suo osceno sentimentalismo e narcisismo che copre la sua azzannante voglia di comando. Non si sa per cosa e con che progetto, comando che è un fine in sé. L’assenza di progetto corrisponde alla idealizzazione del buon tempo antico delle vacanze “sfrenate” e delle cautissime “ribellioni” alla famiglia e alla scuola: un pizzico di “libertà” in più, e i soldi per andare in qualche estero ben capitalista e avanzato, produttore di miti da consumare e imitare»[2].

Sapore di mare

Nonostante critiche feroci come queste, comuni a tutti i film di programmatico disimpegno, negli anni, Sapore di mare e i ’60 sono stati per i Vanzina una sorta di paradigma ideale, tanto da tornarci visivamente (e musicalmente, sin dal titolo) in un film di quasi fantascienza: Il cielo in una stanza (1999), in cui il confronto generazionale tra un padre e un figlio si risolve in un viaggio insieme a ritroso nella giovinezza paterna targata anni ’60. Una specie di riesumazione fuori tempo massimo. La musica è, ovviamente, un elemento essenziale del montaggio delle immagini; usata in forma evocativa, è una pratica che accomuna tutto il loro cinema, sorta di jukebox dei pezzi più rappresentativi degli anni messi in scena, correlativo oggettivo sonoro delle mode musicali come spirito interclassista del tempo. Degli stessi anni sono anche due miniserie dei Vanzina in osmosi con il film, Anni ’50 (1998) e Anni ’60 (1999), poi seguiti da Piper (2007, ancora su quegli anni).

La nostalgia si addice ai Vanzina, verrebbe da dire, ne è forse la più importante e significativa cifra interpretativa e stilistica, divenendo una vera coazione a ripetere in Sapore di te (2014), sin dal titolo ideale prosecuzione di Sapore di mare. Stesso posto, vent’anni dopo. Le avventure balneari dei ragazzi (filone cinematografico che, a volte ibridato col musicarello, ha avuto inizio a fine anni ’50 e ha trovato il suo apice proprio negli anni in cui è ambientato Sapore di mare) sono adesso ambientate negli anni ’80 e, come nel finale dell’archetipo, hanno una loro coda vent’anni dopo, più o meno negli anni in cui è girato il film. È come se per i Vanzina si chiudesse il cerchio dell’eterno ritorno cinematografico.

Cosa resta di Sapore di mare? Al di là delle motivazioni, le ambizioni e gli esiti squisitamente commerciali, il film rimane una specie di manifesto, di una generazione che simboleggia la giovinezza e un’estate sognata come stagione di libertà e pienezza.

Sapore di mare

«Ci siamo resi conto che in quella storia il pubblico ritrovava il prototipo delle vacanze. A tutte le età. Anche se la vicenda era datata anni Sessanta. Grazie alle cassette e ai dvd Sapore di mare è stato scoperto dalle nuove generazioni e per loro è scattato lo stesso meccanismo d’identificazione[3]. […] Il film è una fotografia che cristallizza l’estate e le sue scoperte. […] Perché è un tempo in cui si concentrano i sentimenti, le emozioni e anche la noia. È d’estate che diventi grande, quando il mondo ordinario si allarga, conosci persone nuove, leggi Tolstoj, respiri a pieni polmoni»[4].

Rivedere questo film, oggi magnificamente restaurato, è come la vita che si rimette in viaggio, creando una specie di sindrome da Sapore di mare, per chi quel tipo di estati in vacanza le ha vissute e per chi, invece, le ha solo viste ideali al cinema, scavandone l’assenza, sentendo di aver perso un pezzo di vita, così ben rappresentato nel film proprio nella sua spensieratezza, struggente nelle sue canzoni, capace di costruire una vera e propria nostalgia della mancanza attraverso il cinema, eternando l’estate come una festa dei corpi che si mostrano e brillano negli amori giovanili e nelle delusioni degli inverni dell’età.

Sapore di mare, come altri loro film con lo sguardo al passato, definiscono i Vanzina iconici cantori di mezzo secolo d’Italia, con quel tocco di sentimentale malinconia che li distingue dagli epigoni seriali. Pur con tutti i loro limiti, che la critica ha spietatamente rilevato (la caricatura dei fratelli «Vacanzina»), hanno fotografato, in alcune opere, passaggi e mode, tanto da essere guardati con nostalgia dagli ex ragazzi di quei decenni (oltre che studiati dai sociologi). Hanno ideato vere e proprie trappole cinematografiche di nostalgia postuma, volutamente artefatta in film come Sapore di mare, visto e rivisto.

 

[1] Emiliano Morreale, L’invenzione della nostalgia, Donzelli, Roma 2009, p. 172.

[2]  G. Fofi in E. Morreale, L’invenzione della nostalgia cit., p. 154.

[3]  Carlo Vanzina in Fulvia Caprara, È morto Carlo Vanzina, raccontò una generazione spensierata con i film sulle vacanze, in «La Stampa», 8 luglio 2018.

[4]  Enrico Vanzina in Pino Corrias, Enrico Vanzina, in «la Repubblica Robinson», 10 agosto 2019, p. 4.

Sapore di mare

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