È disponibile su Paramount + il nuovo film scritto e diretto da Lindsay Anderson Beer, Cimitero vivente: le origini (Pet Sematary: Bloodlines). Il film è il prequel di Pet Sematary (2019), a sua volta tratto dall’omonimo di Stephen King.
La trama di Cimitero vivente: le origini
Cimitero vivente: le origini si concentra sulla storia del personaggio di Jud Crandall (Jackson White) da ragazzo. Jud vuole lasciarsi alle spalle la stretta cittadina di Ludlow, nel Maine, assieme alla fidanzata Norma (Natalie Alyn Lind), con la quale decide di partire.
Ma il destino della sua famiglia non glielo permetterà. In viaggio verso la “libertà”, si imbatte in una delle vittime del cimitero della città, che fa resuscitare uomini e animali che vi vengono seppelliti. Ritornano però in vita con un’insana attitudine alla violenza. A scatenare la maledizione è Bill (David Duchovny) che seppellisce il figlio Timmy Baterman (Jack Mulhern), rimasto ucciso nella guerra in Vietnam.
Un tentativo non riuscito
Ispirandosi ad un’agghiacciante storia del maestro Stephen King, ci si aspetta di trovarsi di fronte un capolavoro. La Beer voleva cogliere la palla al balzo, sfruttando la fama dell’opera dello scrittore statunitense per poter dare vita ad un film iconico, che risulta invece scarno, banale e smodatamente monotono.
Le premesse di Cimitero vivente: le origini sono scarne, essenziali. La presentazione dei personaggi e del luogo sono ridotte all’osso e fortemente stereotipate: non viene lasciato il giusto spazio alla storia, rubato dall’azione, che appare, però, anch’essa poco credibile. La regista punta a spaventare attraverso i più banali espedienti del cinema mainstream, utilizzati a sproposito. Scene e dialoghi costruiti alla perfezione, ma è una perfezione che, più che risultare piacevole e interessante, ricorda un po’ una poesia recitata a memoria, senza sentimento.
Un prequel banale
Un prequel pressoché inutile, Cimitero vivente: le origini non regala nulla di nuovo allo spettatore. I personaggi non hanno una reale caratterizzazione e sono altamente stereotipati, mentre quelli secondari spariscono nello sfondo diventando marionette per far muovere la scena. La trama si basa sui soliti clichè presentati attraverso frasi fatte: c’è una maledizione, una città dalla quale non si può scappare, il legame con la natura antica, il mondo degli incubi, i peccati degli antenati. Il film risulta vuoto, e anche laddove l’azione dovrebbe cogliere l’attenzione, non riesce, oscurata dai troppi errori che la regista avrebbe potuto sicuramente evitare.
Anche la scelta del cast, poi, è discutibile: il magistrale volto di David Duchovny viene sottoutilizzato dalla Beer nel ruolo secondario che ricopre. È la miccia che accende la fiamma, ma viene lasciato totalmente in secondo piano, spersonalizzato come il resto dei personaggi, tra cui anche il protagonista stesso. Questo vale per altri notevoli nomi del cast, come la talentuosa Pam Grier, nel ruolo di Marjorie.
La fotografia è forse l’unico punto a favore di Cimitero vivente: le origini. Ogni immagine del film restituisce una particolare estasi visiva che incute timore e meraviglia al contempo. Il lato tecnico del film è sicuramente ben curato, anche se non riesce a colmare il vuoto lasciato dal resto. La regista e scrittrice ha perso un’occasione di dar vita ad una grande opera, se solo avesse costruito il film in maniera più accurata. Cimitero vivente: le origini, però, risulta essere soltanto una grande perdita di tempo.
Guarda qui il trailer!