Dopo il debutto con Madly in Life, Ann Sirot e Raphaël Balboni tornano a scrivere e dirigere un film con The (ex)perience of Love (Le Syndrome des Amours Passées nella versione originale). Lanciato in World Premiere a Cannes nella sezione Special Screening, il lungometraggio vede Lucie Debay e Lazar Gousseau alle prese con una dramedy romantica orientata a frantumare gli stereotipi legati al sesso e alle coppie eterosessuali.
Di madrepatria belga e francese, il film è prodotto da HÉLICOTRONC e coprodotto da TRIPODE PRODUCTIONS.
The (ex)perience of Love, la trama
Rémy (Lazar Gousseau) e Sandra (Lucie Debay) conducono una vita piuttosto tranquilla. Li scrutiamo complici mentre chiacchierano amabilmente di sera, il letto a fare da cornice. In realtà stanno provando a concepire senza successo. Vengono perciò colti di sorpresa quando un medico conferma loro la diagnosi: soffrono di un raro disturbo noto come “la sindrome degli amori passati” che ostacola qualunque tentativo. Per arginare questo limite, c’è una sola soluzione possibile: devono fare sesso con tutti i loro ex. L’epopea bizzarra dei due protagonisti li condurrà su sentieri ignoti a sperimentare con tenerezza e tenacia gli esiti imprevisti della loro anomalia.

The (ex)perience of Love: la parola ai registi
Nell’intervista rilasciata a Damien Leblanc, Ann Sirot e Raphaël Balboni dichiarano:
Poiché il film cerca di sfidare l’eteronormatività e di riflettere su come la maggior parte delle persone sperimenta sia l’essere in una relazione che la vita familiare, abbiamo scelto due canoni dell’eteronormatività: l’ingiunzione di procreare e l’esclusività sessuale. E poi abbiamo messo i personaggi in una situazione in cui non possono avere entrambi. Abbiamo pensato che avrebbe creato un’esperienza in cui questa coppia non avrebbe potuto soddisfare questi due standard eteronormativi. Se vogliono avere figli, devono rinunciare all’esclusività. E se vogliono essere esclusivi, devono rinunciare ad avere un bambino. È un gioco intellettuale, se vuoi.
Una ricetta che funziona, poiché mostra le falle – e le potenzialità, una volta terminato il lavoro di scardino – delle regole sociali sistemiche, sempre introiettate da chi ne prende parte. Scoperchiando il vaso di Pandora in un avvicendamento di situazioni bizzarre, i due protagonisti ripercorrono le tracce della loro vita amorosa. L’esito del viaggio comporta il recupero di pezzi di sé e contribuisce alla trasformazione dei due, in una linea temporale che tiene insieme passato, presente e futuro.
Il bilanciamento tra commedia e dramma
Etichettare é umano, fermarsi a quello é diabolico nonché improduttivo. Ann Sirot e Raphaël Balboni lo sanno bene. Il tema scelto parla chiaro, la prospettiva da cui farlo anche. Eppure l’equilibrio tra i registri semantici presenti sembra raggiungere il culmine della maestria nella libertà espressiva che traspare dalla scrittura. Sicuramente c’entra il plauso di critica in risposta al loro primo film Madly in Life, che gli ha dato accesso a una produzione più ampia e a un maggiore comfort. Tuttavia, se la squadra cresce e il budget s’accresce, la vera sfida coincide col rimanere aderenti a se stessi e al proprio estro creativo.
Rémy (Lazar Gousseau) e Sandra (Lucie Debay) parlano tantissimo. La location dei loro dibattiti é sempre la stessa, il letto, simbolo consueto del sonno o dell’amplesso. Affrontano argomenti complicati con un imbarazzo che piano piano scompare. E svanisce anche nello spettatore. Lo fanno nudi e preferiscono parlare. Fino a che si eclissano anche i significati di quegli scambi e restano solo gli stati d’animo e il tentativo di ispirare logiche di pensiero differenti.

Raphaël Balboni osserva:
I nostri film presentano spesso coppie che dicono ad alta voce ciò che pensiamo in silenzio, parlano liberamente, non esitano a mettere sul tavolo cose imbarazzanti, a discuterne.
La complicità tra i personaggi é frutto di talento e adeguata preparazione, ma anche di un pizzico di improvvisazione e follia. Quest’ultima é riscontrabile anche nella rappresentazione atipica delle scene di sesso, come metafore oniriche, a mostrare una raffigurazione poetica di uno degli atti maggiormente stereotipati. Arredamento, costumi, coreografie e scenografie arricchiscono le sequenze, invitando ad oltrepassare confini imposti e acquisiti per cogliere sfumature di senso nuove.
Perché The (ex)perience of Love é così attuale
Il film coglie l’essenza delle coppie di oggi: cosa sono disposte a sacrificare per avere un figlio, quali barriere linguistiche – ed emotive – sono propense a travalicare per essere sinceri fino in fondo. L’approccio é certamente comico e la messa in scena richiama il fratello del cinema, ovvero il teatro. Eppure The (ex)perience of Love é un lungometraggio stratificato, che parte da una situazione paradossale per rimbalzare su nozioni piuttosto reali e incarnate, che le coppie sperimentano costantemente. Riproduzione e fedeltà sono le colonne portanti delle coppie etero e solo un capovolgimento estremo come l’escamotage a cui ricorre la pellicola può scatenare una riflessione in grado di trasformare la realtà.
The (ex)perience of Love tratta di amore e desiderio, mentre il sesso si rivela un mezzo espressivo potente nel tentativo di capovolgere le dinamiche descritte. Perché ci sono tante cose che é difficile dirsi. Per esempio che l’uomo può svelarsi fragile dinanzi al sesso, che la donna invece può avere un passato sessuale diverso da quello che ci si aspetterebbe da lei. E poi c’é il desiderio di restare desideranti e desiderati mentre si é nella coppia.
Rappresentare sullo schermo queste anomalie difformi dalla narrazione quotidiana aiuta l’audience a relazionarsi con le situazioni raccontate e con coloro che le abitano. Se si é inclini a seguire le briciole di Pollicino di cui il film é disseminato.
Perché come recita la canzone di Andrea Lazlo De Simone nelle sequenze finali
Da domani inizierà
una nuova immensità
Da domani
Da domani
Da domani