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Skepto Film Fest: Per tutta la vita di Roberto Catani, l’amore raccontato al contrario

Il bel cortometraggio di Roberto Catani ci rincuora, ci fa sperare. Ma ci racconta l’immediatezza del tutto, del cambiamento, dell’abbandono, del rinascere

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Ci siamo passati tutti: non accettiamo l’abbandono. Esclusi gli episodi sacrosanti di condanna per reazioni spropositate, l’essere abbandonati non è cosa che ci rende particolarmente felici. La sensazione primaria è quella di aver subito l’ingiustizia più esecrabile e dolorosa mai avvertita. Purtroppo però l’amore (se ovviamente c’è) prima o poi è destinato a passare. Come un treno. Già, poiché l’amore è una patologia (come direbbero gli Afterhours) che prima o poi scorre via. Ecco allora che forse il modo migliore per raccontare una storia di sentimenti è quello di partire al contrario. Un ritorno al passato per affondare nelle particelle dei ricordi o di quel vissuto che un tempo (bei tempi quelli) ha avuto perlomeno occasione – si spera – di esser stato nutrito da un senso. Un senso in quel momento lì. Giacché dopo quel batter d’occhio catartico, arriva inesorabile l’epilogo e l’amore scade come il tonno in scatola; scivola nella esasperata idealizzazione, nel dolore e nella frustrazione. Un’idealizzazione che porta a vagare disperati con una sola idea in testa, quella di andare in cerca, anzi, a caccia, dello Snark (e qui si veda Lewis Carroll). Che accidenti è quindi  l’amore? Una necessità? Un capriccio? Per cercare di indagare bisogna tornare indietro nel tempo. Ed è quello che fa (senza ovviamente la pretesa di offrire risposte) Roberto Catani con il suo Per tutta la vita, presentato allo Skepto International Film Festival di Cagliari. E lo fa offrendoci oltre 1400 disegni messi in opera nell’arco di due anni. Da dove partire, quindi? Si parte dalla fine, cioè dall’inverno, per giungere all’inizio, cioè l’estate. Sì, proprio così, le stagioni dell’amore. Stagioni che Catani colora con l’olio degli stick, il gesso e la puntasecca.

Pur partendo al contrario la domanda resta comunque sempre la medesima: che diamine è l’amore? L’amore di coppia, quella splendida e sadica parola bianca (secondo Deleuze)  che passa dal paradosso al senso di sé. In fondo il paradosso qui abbraccia il senso. Già, in fondo la parola amore esprime il proprio senso, fuori da ogni fraintendimento. L’amore, cioè il non senso, finisce ora per avere un senso. È il suo nome che lo esige. Lo chiama. L’amore balla un twist col paradosso. L’assurdo, seguendo Deleuze, è semplice e pura confusione formale. Non soltanto, l’amore è anche un astuto circolo vizioso; dovendo fare una sintesi.

Nel caso quanto detto apparisse poco chiaro, ecco la precisazione con il moto discendente dell’amore di coppia: l’amore – per sua spudorata natura – finisce sempre male. Cosa accade? Be’, si precipita come perenni ingenui in quella sparizione che uno come Foucault vorrebbe altresì dolce. Si cade in quella bellezza dell’annullamento auspicata dal filosofo francese. Tuttavia, non dimentichiamocelo, l’amore è una bestia. Una bestia crudele. Per ammorbidire questa ignobile crudeltà, Catani decide di partire per l’appunto al contrario: dall’abbandono all’innamoramento. Ecco che forse, nel mondo cinematografico, partire al contrario potrebbe rivelarsi la cosa migliore. “Ci vediamo tra poco, amore” sta sospirando proprio ora al telefono una ragazza, qui sul treno da dove sto scrivendo. “Ci vediamo tra poco, amore”. Il vedersi, il tra poco, l’amore. Quanta necessaria e inutile dolcezza. E quanta fretta! Effettivamente cosa è l’amore se non un così astratto sostantivo. Un sostantivo con una sostanza che or bene partecipa di una inevitabile data di termine. Per evitare la scadenza, ribadisco, Catani si muove in modo inverso. E quanto sarebbe bello potesse essere davvero così. Sarebbe bello davvero? No, perché a pensarci con lucidità l’inizio adesso è l’abbandono e il corto di Roberto Catani narra l’abbandono, non lo esclude, anzi, lo enfatizza mostrandolo per primo. Un abbandono che deve poi divenire elaborazione, crescita. Nuda e cruda consapevolezza. Come a dire: mettiamo subito in chiaro che noi, amore mio, ci lasceremo. Catani lo dice subito: l’abbandono è il principio di quello che noi percepiamo come meraviglioso esordio. Un esordio che purtroppo segue il percorso naturale delle stagioni. Belle, per carità, ma vittime della contingenza.

Sì, siamo tutti noi vittime della contingenza e, sì, sarebbe delizioso restasse quel zampettante coniglio rosso, il coniglio dell’innamoramento. Purtroppo però il coniglio non ha tantissimo tempo. La letteratura ce lo dice che i conigli van sempre di corsa. Catani, accompagnato dall’ottimo sound designer Andrea Martignoni, ci lascia vedere il coniglio ma ce lo mostra anche rosso, ce lo mostra evidente, come un segnale di allarme e passione. Come un già mettere in allerta. Innamorarsi rientra nella natura delle cose (se si è fortunati davvero, con fini riproduttivi), ma è pur sempre come un semaforo già destinato a diventare rosso. Il bel cortometraggio di Roberto Catani ci rincuora, ci fa sperare. Ma ci racconta l’immediatezza del tutto, del cambiamento, dell’abbandono, del rinascere.

Nelson Pinna

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  • Anno: 2018
  • Durata: 6'
  • Genere: Animazione
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Roberto Catani